La birra artigianale da prodotto di nicchia riservato a pochi appassionati è ormai divenuta oggi una delle tante eccellenze dell’agroalimentare italiano. In venti anni gli opifici, da poche unità concentrate in alcune regioni, si sono diffusi nell’intero territorio nazionale: un fenomeno in decisa e continua crescita che, dal 2010, sta interessando anche le imprese del primario.
L’incontro del 30 novembre è stata l’occasione per parlare dei birrifici agricoli toscani esaminando le opportunità e i rischi che in questo momento il mercato propone. L’evento, prendendo spunto dai risultati dei lavori svolti nell’ambito del progetto “QualiBirre”, è servito per porre in evidenza come le sfide del futuro richiedano prodotti di massimo livello qualitativo per i quali e necessario definire precisi protocolli di controllo inquadrati in un sistema organico di gestione aziendale della qualità. L’incontro è stato anche l’occasione per considerare le opportune strategie di marketing necessarie per valorizzare il sistema dei controlli sul mercato finale: tutto ciò non trascurando come i birrifici agricoli, nel dare un fondamentale impulso allo sviluppo di nuova filiera locale, abbiano l’opportunità di cogliere i molteplici vantaggi della diversificazione multifunzionale, sia nei termini dei vantaggi che offre la verticalizzazione aziendale del processo produttivo, che attraverso le nuove forme di attrattività e di turismo locale che si generano.
Le presentazioni
Silvio Menghini (DAGRI, Università di Firenze)
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Lisa Granchi (DAGRI, Università di Firenze), Damiano Barbato, Simona Guerrini, Silvia Mangani (Food Micro Team)
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Caterina Dinnella e Lapo Pierguidi (DAGRI, Università di Firenze)
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Silvio Menghini (DAGRI, Università di Firenze)
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Vittorio Ferraris (Presidente Unionbirrai)
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