Università degli Studi di Napoli Federico II - Dipartimento di Medicina Veterinaria e Produzioni Animali
Via Federico Delpino,1
80137 Napoli NA
Italia
Strategie per il miglioramento della redditività dell'allevamento bufalino
Il progetto ha l’obiettivo di implementare alcuni indicatori di redditività dell’allevamento bufalino attraverso indagini specifiche mirate al miglioramento delle caratteristiche del latte. In particolare, il progetto mira a:
- sviluppare modelli predittivi inserendo nei modelli statistici informazioni di tipo manageriale ed economico, per l'identificazione di indicatori di redditività aziendale, legati ad aspetti produttivi, benessere animale, riproduttivi e di sostenibilità;
- ridurre il numero di animali allevati, mantenendo tuttavia costante la produzione di formaggio, attraverso oculati programmi di miglioramento genetico;
- Miglioramento delle tecniche di allevamento e mungitura in particolare;
- Individuazione di nuovi metaboliti a carattere nutraceutico nel latte e nella mozzarella;
- Miglioramento del sistema di tracciabilità della filiera.
Si riportano i principali risultati ottenuti in STRABUF, tutti trasferibili ad altre imprese operanti nel settore.
- È stata effettuata una questionnaire survey che ha messo in evidenza le principali criticità e punti di forza dell'allevamento bufalino in Campania. Tale azione consentito una caratterizzazione fenotipica della bufala Mediterranea Italiana (Costa et al., https://doi.org/10.3390/ani10020327) e ha evidenziato una criticità delle aziende bufaline: la mancata standardizzazione delle tecniche di mungitura. E' stato così possibile definire per la prima volta i parametri di mungitura più idonei per tale specie (Matera et al., https://doi.org/10.1080/1828051X.2023.2271951). L'analisi dei dati ottenuti attraverso i controlli funzionali del latte ha permesso di evidenziare l'importanza del parametro cellule somatiche del latte per definire uno stato infiammatorio della mammella ed intervenire prima che il fenomeno necessiti dell'utilizzo di antibiotici (Costa et al., https://doi.org/10.3168/jds.2019-18009).
- Innovazione di processo ottenuta mediante l'applicazione di tecniche di allevamento innovative quali lo zero grazing, che prevedono l'utilizzo di foraggi verdi sfalciati precocemente e la somministrazione direttamente in stalla agli animali. Tramite questa tecnica è stato possibile migliorare gli aspetti qualitativi e funzionali del latte e nel complesso la sostenibilità dell'azienda bufalina (Neglia et al., https://doi.org/10.1038/s41598-022-25491-w). Infatti, lo zero grazing ha consentito una maggiore asportazione di azoto dal terreno (s. ambientale), ridotto il costo razione di circa 0,90 € (s. economica) e l'impiego di un lavoratore in azienda (s. sociale). Inoltre, sono migliorate le caratteristiche funzionali del latte, in quanto è risultato incrementato il potere antiossidante del latte ed il contenuto in carnitine a catena corta e betaine. Diversi studi hanno dimostrato l'importanza dell'assunzione di tali molecole nel preservare la salute umana e ridurre il rischio di sindrome metabolica (D'Onofrio et al., https://doi.org/10.1038/s41598-020-65865-6).
- Sono stati analizzati gli spettri utilizzati in medio-infrarosso per valutare la qualità del latte bufalino, creando modelli predizionali più accurati e veritieri della composizione del latte.
Sarà effettuata un’indagine preliminare basata sui controlli funzionali effettuati nelle aziende associate ad ARAC negli ultimi 5 anni (WP1). L’analisi dei dati consentirà di valutare le caratteristiche del latte in relazione ad alcuni indicatori riproduttivi. Inoltre, attraverso azioni mirate in circa 50 aziende sarà effettuata una questionnaire survey per la registrazione delle tecniche manageriali adottate, con particolare riferimento alla mungitura. Nelle aziende partner saranno creati 2 gruppi di bufale alimentati con diete isoproteiche e isoenergetiche ma differenti per base foraggera (utilizzando foraggi verdi verso foraggi secchi). Mensilmente saranno registrate le produzioni e saranno raccolti campioni individuali di latte (30/gruppo) da sottoporre ad analisi lattodinamografica e spettroscopia MIRS e campioni di sangue per la valutazione del profilo metabolico (WP2). Inoltre campioni di latte di massa saranno prelevati a cadenza bimestrale e saranno effettuate prove di caseificazione per valutare il profilo funzionale del latte e della mozzarella nel corso della lattazione (WP3). Le informazioni ottenute nel WP1 e WP2 saranno analizzate per l’identificazione di indicatori e benchmark per il miglioramento della redditività e sostenibilità della filiera e modelli di predizione per le caratteristiche tecnologiche del latte (WP4), nonché per il miglioramento delle tecniche di mungitura. Infine, per tutta la durata del progetto sono previste misure di accompagnamento e divulgazione, al fine di rendere i risultati fruibili a tutte le aziende del comparto bufalino (WP5).
L’allevamento bufalino rappresenta una delle principali attività agricole presenti in Regione Campania: basti pensare che l’indotto della filiera si aggirerebbe intorno al 20% del PIL Campano (considerando allevamento e trasformazione), offrendo lavoro ad oltre 15.000 addetti. Del resto, come evidenziato nell’analisi di contesto della Regione Campania, è uno dei pochi settori zootecnici in costante crescita. Inoltre va considerato che gli addetti della filiera hanno per circa il 40% un’età inferiore a 40 anni, a dimostrazione del ruolo cardine svolto dalla filiera bufalina nel ridurre il fenomeno della disoccupazione giovanile. In base ai dati dell’Anagrafe Nazionale Zootecnica (BDN Teramo), al 31 Marzo 2018 sono presenti in Campania 1.273 aziende bufaline (57,0% del totale presente sul territorio nazionale) e 295.645 capi (74% del patrimonio Italiano). Il notevole sviluppo della filiera va ricercato nella valorizzazione del prodotto finale che deriva da questo allevamento: la mozzarella di bufala Campana DOP, quarto formaggio DOP Italiano per esportazione e che, in base ai dati forniti dal Consorzio di tutela, ha assicurato nel 2016 un fatturato al consumo di oltre 600 milioni di euro.
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Università Luigi Vanvitelli - Dipartimento di Medicina di Precisione
Via de Crecchio, 7
80138 Napoli NA
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Università degli Studi di Padova - Dipartimento di Agronomia Animali Alimenti Risorse Naturali e Ambiente (DAFNAE)
Viale dell'Università 16
35020 Legnaro PD
Italia
Strategie per il miglioramento della redditività dell'allevamento bufalino
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Strategie per il miglioramento della redditività dell'allevamento bufalino
Il progetto ha l’obiettivo di implementare alcuni indicatori di redditività dell’allevamento bufalino attraverso indagini specifiche mirate al miglioramento delle caratteristiche del latte. In particolare, il progetto mira a:
- sviluppare modelli predittivi inserendo nei modelli statistici informazioni di tipo manageriale ed economico, per l'identificazione di indicatori di redditività aziendale, legati ad aspetti produttivi, benessere animale, riproduttivi e di sostenibilità;
- ridurre il numero di animali allevati, mantenendo tuttavia costante la produzione di formaggio, attraverso oculati programmi di miglioramento genetico;
- Miglioramento delle tecniche di allevamento e mungitura in particolare;
- Individuazione di nuovi metaboliti a carattere nutraceutico nel latte e nella mozzarella;
- Miglioramento del sistema di tracciabilità della filiera.
Si riportano i principali risultati ottenuti in STRABUF, tutti trasferibili ad altre imprese operanti nel settore.
- È stata effettuata una questionnaire survey che ha messo in evidenza le principali criticità e punti di forza dell'allevamento bufalino in Campania. Tale azione consentito una caratterizzazione fenotipica della bufala Mediterranea Italiana (Costa et al., https://doi.org/10.3390/ani10020327) e ha evidenziato una criticità delle aziende bufaline: la mancata standardizzazione delle tecniche di mungitura. E' stato così possibile definire per la prima volta i parametri di mungitura più idonei per tale specie (Matera et al., https://doi.org/10.1080/1828051X.2023.2271951). L'analisi dei dati ottenuti attraverso i controlli funzionali del latte ha permesso di evidenziare l'importanza del parametro cellule somatiche del latte per definire uno stato infiammatorio della mammella ed intervenire prima che il fenomeno necessiti dell'utilizzo di antibiotici (Costa et al., https://doi.org/10.3168/jds.2019-18009).
- Innovazione di processo ottenuta mediante l'applicazione di tecniche di allevamento innovative quali lo zero grazing, che prevedono l'utilizzo di foraggi verdi sfalciati precocemente e la somministrazione direttamente in stalla agli animali. Tramite questa tecnica è stato possibile migliorare gli aspetti qualitativi e funzionali del latte e nel complesso la sostenibilità dell'azienda bufalina (Neglia et al., https://doi.org/10.1038/s41598-022-25491-w). Infatti, lo zero grazing ha consentito una maggiore asportazione di azoto dal terreno (s. ambientale), ridotto il costo razione di circa 0,90 € (s. economica) e l'impiego di un lavoratore in azienda (s. sociale). Inoltre, sono migliorate le caratteristiche funzionali del latte, in quanto è risultato incrementato il potere antiossidante del latte ed il contenuto in carnitine a catena corta e betaine. Diversi studi hanno dimostrato l'importanza dell'assunzione di tali molecole nel preservare la salute umana e ridurre il rischio di sindrome metabolica (D'Onofrio et al., https://doi.org/10.1038/s41598-020-65865-6).
- Sono stati analizzati gli spettri utilizzati in medio-infrarosso per valutare la qualità del latte bufalino, creando modelli predizionali più accurati e veritieri della composizione del latte.
Sarà effettuata un’indagine preliminare basata sui controlli funzionali effettuati nelle aziende associate ad ARAC negli ultimi 5 anni (WP1). L’analisi dei dati consentirà di valutare le caratteristiche del latte in relazione ad alcuni indicatori riproduttivi. Inoltre, attraverso azioni mirate in circa 50 aziende sarà effettuata una questionnaire survey per la registrazione delle tecniche manageriali adottate, con particolare riferimento alla mungitura. Nelle aziende partner saranno creati 2 gruppi di bufale alimentati con diete isoproteiche e isoenergetiche ma differenti per base foraggera (utilizzando foraggi verdi verso foraggi secchi). Mensilmente saranno registrate le produzioni e saranno raccolti campioni individuali di latte (30/gruppo) da sottoporre ad analisi lattodinamografica e spettroscopia MIRS e campioni di sangue per la valutazione del profilo metabolico (WP2). Inoltre campioni di latte di massa saranno prelevati a cadenza bimestrale e saranno effettuate prove di caseificazione per valutare il profilo funzionale del latte e della mozzarella nel corso della lattazione (WP3). Le informazioni ottenute nel WP1 e WP2 saranno analizzate per l’identificazione di indicatori e benchmark per il miglioramento della redditività e sostenibilità della filiera e modelli di predizione per le caratteristiche tecnologiche del latte (WP4), nonché per il miglioramento delle tecniche di mungitura. Infine, per tutta la durata del progetto sono previste misure di accompagnamento e divulgazione, al fine di rendere i risultati fruibili a tutte le aziende del comparto bufalino (WP5).
L’allevamento bufalino rappresenta una delle principali attività agricole presenti in Regione Campania: basti pensare che l’indotto della filiera si aggirerebbe intorno al 20% del PIL Campano (considerando allevamento e trasformazione), offrendo lavoro ad oltre 15.000 addetti. Del resto, come evidenziato nell’analisi di contesto della Regione Campania, è uno dei pochi settori zootecnici in costante crescita. Inoltre va considerato che gli addetti della filiera hanno per circa il 40% un’età inferiore a 40 anni, a dimostrazione del ruolo cardine svolto dalla filiera bufalina nel ridurre il fenomeno della disoccupazione giovanile. In base ai dati dell’Anagrafe Nazionale Zootecnica (BDN Teramo), al 31 Marzo 2018 sono presenti in Campania 1.273 aziende bufaline (57,0% del totale presente sul territorio nazionale) e 295.645 capi (74% del patrimonio Italiano). Il notevole sviluppo della filiera va ricercato nella valorizzazione del prodotto finale che deriva da questo allevamento: la mozzarella di bufala Campana DOP, quarto formaggio DOP Italiano per esportazione e che, in base ai dati forniti dal Consorzio di tutela, ha assicurato nel 2016 un fatturato al consumo di oltre 600 milioni di euro.
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Strategie per il miglioramento della redditività dell'allevamento bufalino
Il progetto ha l’obiettivo di implementare alcuni indicatori di redditività dell’allevamento bufalino attraverso indagini specifiche mirate al miglioramento delle caratteristiche del latte. In particolare, il progetto mira a:
- sviluppare modelli predittivi inserendo nei modelli statistici informazioni di tipo manageriale ed economico, per l'identificazione di indicatori di redditività aziendale, legati ad aspetti produttivi, benessere animale, riproduttivi e di sostenibilità;
- ridurre il numero di animali allevati, mantenendo tuttavia costante la produzione di formaggio, attraverso oculati programmi di miglioramento genetico;
- Miglioramento delle tecniche di allevamento e mungitura in particolare;
- Individuazione di nuovi metaboliti a carattere nutraceutico nel latte e nella mozzarella;
- Miglioramento del sistema di tracciabilità della filiera.
Si riportano i principali risultati ottenuti in STRABUF, tutti trasferibili ad altre imprese operanti nel settore.
- È stata effettuata una questionnaire survey che ha messo in evidenza le principali criticità e punti di forza dell'allevamento bufalino in Campania. Tale azione consentito una caratterizzazione fenotipica della bufala Mediterranea Italiana (Costa et al., https://doi.org/10.3390/ani10020327) e ha evidenziato una criticità delle aziende bufaline: la mancata standardizzazione delle tecniche di mungitura. E' stato così possibile definire per la prima volta i parametri di mungitura più idonei per tale specie (Matera et al., https://doi.org/10.1080/1828051X.2023.2271951). L'analisi dei dati ottenuti attraverso i controlli funzionali del latte ha permesso di evidenziare l'importanza del parametro cellule somatiche del latte per definire uno stato infiammatorio della mammella ed intervenire prima che il fenomeno necessiti dell'utilizzo di antibiotici (Costa et al., https://doi.org/10.3168/jds.2019-18009).
- Innovazione di processo ottenuta mediante l'applicazione di tecniche di allevamento innovative quali lo zero grazing, che prevedono l'utilizzo di foraggi verdi sfalciati precocemente e la somministrazione direttamente in stalla agli animali. Tramite questa tecnica è stato possibile migliorare gli aspetti qualitativi e funzionali del latte e nel complesso la sostenibilità dell'azienda bufalina (Neglia et al., https://doi.org/10.1038/s41598-022-25491-w). Infatti, lo zero grazing ha consentito una maggiore asportazione di azoto dal terreno (s. ambientale), ridotto il costo razione di circa 0,90 € (s. economica) e l'impiego di un lavoratore in azienda (s. sociale). Inoltre, sono migliorate le caratteristiche funzionali del latte, in quanto è risultato incrementato il potere antiossidante del latte ed il contenuto in carnitine a catena corta e betaine. Diversi studi hanno dimostrato l'importanza dell'assunzione di tali molecole nel preservare la salute umana e ridurre il rischio di sindrome metabolica (D'Onofrio et al., https://doi.org/10.1038/s41598-020-65865-6).
- Sono stati analizzati gli spettri utilizzati in medio-infrarosso per valutare la qualità del latte bufalino, creando modelli predizionali più accurati e veritieri della composizione del latte.
Sarà effettuata un’indagine preliminare basata sui controlli funzionali effettuati nelle aziende associate ad ARAC negli ultimi 5 anni (WP1). L’analisi dei dati consentirà di valutare le caratteristiche del latte in relazione ad alcuni indicatori riproduttivi. Inoltre, attraverso azioni mirate in circa 50 aziende sarà effettuata una questionnaire survey per la registrazione delle tecniche manageriali adottate, con particolare riferimento alla mungitura. Nelle aziende partner saranno creati 2 gruppi di bufale alimentati con diete isoproteiche e isoenergetiche ma differenti per base foraggera (utilizzando foraggi verdi verso foraggi secchi). Mensilmente saranno registrate le produzioni e saranno raccolti campioni individuali di latte (30/gruppo) da sottoporre ad analisi lattodinamografica e spettroscopia MIRS e campioni di sangue per la valutazione del profilo metabolico (WP2). Inoltre campioni di latte di massa saranno prelevati a cadenza bimestrale e saranno effettuate prove di caseificazione per valutare il profilo funzionale del latte e della mozzarella nel corso della lattazione (WP3). Le informazioni ottenute nel WP1 e WP2 saranno analizzate per l’identificazione di indicatori e benchmark per il miglioramento della redditività e sostenibilità della filiera e modelli di predizione per le caratteristiche tecnologiche del latte (WP4), nonché per il miglioramento delle tecniche di mungitura. Infine, per tutta la durata del progetto sono previste misure di accompagnamento e divulgazione, al fine di rendere i risultati fruibili a tutte le aziende del comparto bufalino (WP5).
L’allevamento bufalino rappresenta una delle principali attività agricole presenti in Regione Campania: basti pensare che l’indotto della filiera si aggirerebbe intorno al 20% del PIL Campano (considerando allevamento e trasformazione), offrendo lavoro ad oltre 15.000 addetti. Del resto, come evidenziato nell’analisi di contesto della Regione Campania, è uno dei pochi settori zootecnici in costante crescita. Inoltre va considerato che gli addetti della filiera hanno per circa il 40% un’età inferiore a 40 anni, a dimostrazione del ruolo cardine svolto dalla filiera bufalina nel ridurre il fenomeno della disoccupazione giovanile. In base ai dati dell’Anagrafe Nazionale Zootecnica (BDN Teramo), al 31 Marzo 2018 sono presenti in Campania 1.273 aziende bufaline (57,0% del totale presente sul territorio nazionale) e 295.645 capi (74% del patrimonio Italiano). Il notevole sviluppo della filiera va ricercato nella valorizzazione del prodotto finale che deriva da questo allevamento: la mozzarella di bufala Campana DOP, quarto formaggio DOP Italiano per esportazione e che, in base ai dati forniti dal Consorzio di tutela, ha assicurato nel 2016 un fatturato al consumo di oltre 600 milioni di euro.
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Strategie per il miglioramento della redditività dell'allevamento bufalino
Il progetto ha l’obiettivo di implementare alcuni indicatori di redditività dell’allevamento bufalino attraverso indagini specifiche mirate al miglioramento delle caratteristiche del latte. In particolare, il progetto mira a:
- sviluppare modelli predittivi inserendo nei modelli statistici informazioni di tipo manageriale ed economico, per l'identificazione di indicatori di redditività aziendale, legati ad aspetti produttivi, benessere animale, riproduttivi e di sostenibilità;
- ridurre il numero di animali allevati, mantenendo tuttavia costante la produzione di formaggio, attraverso oculati programmi di miglioramento genetico;
- Miglioramento delle tecniche di allevamento e mungitura in particolare;
- Individuazione di nuovi metaboliti a carattere nutraceutico nel latte e nella mozzarella;
- Miglioramento del sistema di tracciabilità della filiera.
Si riportano i principali risultati ottenuti in STRABUF, tutti trasferibili ad altre imprese operanti nel settore.
- È stata effettuata una questionnaire survey che ha messo in evidenza le principali criticità e punti di forza dell'allevamento bufalino in Campania. Tale azione consentito una caratterizzazione fenotipica della bufala Mediterranea Italiana (Costa et al., https://doi.org/10.3390/ani10020327) e ha evidenziato una criticità delle aziende bufaline: la mancata standardizzazione delle tecniche di mungitura. E' stato così possibile definire per la prima volta i parametri di mungitura più idonei per tale specie (Matera et al., https://doi.org/10.1080/1828051X.2023.2271951). L'analisi dei dati ottenuti attraverso i controlli funzionali del latte ha permesso di evidenziare l'importanza del parametro cellule somatiche del latte per definire uno stato infiammatorio della mammella ed intervenire prima che il fenomeno necessiti dell'utilizzo di antibiotici (Costa et al., https://doi.org/10.3168/jds.2019-18009).
- Innovazione di processo ottenuta mediante l'applicazione di tecniche di allevamento innovative quali lo zero grazing, che prevedono l'utilizzo di foraggi verdi sfalciati precocemente e la somministrazione direttamente in stalla agli animali. Tramite questa tecnica è stato possibile migliorare gli aspetti qualitativi e funzionali del latte e nel complesso la sostenibilità dell'azienda bufalina (Neglia et al., https://doi.org/10.1038/s41598-022-25491-w). Infatti, lo zero grazing ha consentito una maggiore asportazione di azoto dal terreno (s. ambientale), ridotto il costo razione di circa 0,90 € (s. economica) e l'impiego di un lavoratore in azienda (s. sociale). Inoltre, sono migliorate le caratteristiche funzionali del latte, in quanto è risultato incrementato il potere antiossidante del latte ed il contenuto in carnitine a catena corta e betaine. Diversi studi hanno dimostrato l'importanza dell'assunzione di tali molecole nel preservare la salute umana e ridurre il rischio di sindrome metabolica (D'Onofrio et al., https://doi.org/10.1038/s41598-020-65865-6).
- Sono stati analizzati gli spettri utilizzati in medio-infrarosso per valutare la qualità del latte bufalino, creando modelli predizionali più accurati e veritieri della composizione del latte.
Sarà effettuata un’indagine preliminare basata sui controlli funzionali effettuati nelle aziende associate ad ARAC negli ultimi 5 anni (WP1). L’analisi dei dati consentirà di valutare le caratteristiche del latte in relazione ad alcuni indicatori riproduttivi. Inoltre, attraverso azioni mirate in circa 50 aziende sarà effettuata una questionnaire survey per la registrazione delle tecniche manageriali adottate, con particolare riferimento alla mungitura. Nelle aziende partner saranno creati 2 gruppi di bufale alimentati con diete isoproteiche e isoenergetiche ma differenti per base foraggera (utilizzando foraggi verdi verso foraggi secchi). Mensilmente saranno registrate le produzioni e saranno raccolti campioni individuali di latte (30/gruppo) da sottoporre ad analisi lattodinamografica e spettroscopia MIRS e campioni di sangue per la valutazione del profilo metabolico (WP2). Inoltre campioni di latte di massa saranno prelevati a cadenza bimestrale e saranno effettuate prove di caseificazione per valutare il profilo funzionale del latte e della mozzarella nel corso della lattazione (WP3). Le informazioni ottenute nel WP1 e WP2 saranno analizzate per l’identificazione di indicatori e benchmark per il miglioramento della redditività e sostenibilità della filiera e modelli di predizione per le caratteristiche tecnologiche del latte (WP4), nonché per il miglioramento delle tecniche di mungitura. Infine, per tutta la durata del progetto sono previste misure di accompagnamento e divulgazione, al fine di rendere i risultati fruibili a tutte le aziende del comparto bufalino (WP5).
L’allevamento bufalino rappresenta una delle principali attività agricole presenti in Regione Campania: basti pensare che l’indotto della filiera si aggirerebbe intorno al 20% del PIL Campano (considerando allevamento e trasformazione), offrendo lavoro ad oltre 15.000 addetti. Del resto, come evidenziato nell’analisi di contesto della Regione Campania, è uno dei pochi settori zootecnici in costante crescita. Inoltre va considerato che gli addetti della filiera hanno per circa il 40% un’età inferiore a 40 anni, a dimostrazione del ruolo cardine svolto dalla filiera bufalina nel ridurre il fenomeno della disoccupazione giovanile. In base ai dati dell’Anagrafe Nazionale Zootecnica (BDN Teramo), al 31 Marzo 2018 sono presenti in Campania 1.273 aziende bufaline (57,0% del totale presente sul territorio nazionale) e 295.645 capi (74% del patrimonio Italiano). Il notevole sviluppo della filiera va ricercato nella valorizzazione del prodotto finale che deriva da questo allevamento: la mozzarella di bufala Campana DOP, quarto formaggio DOP Italiano per esportazione e che, in base ai dati forniti dal Consorzio di tutela, ha assicurato nel 2016 un fatturato al consumo di oltre 600 milioni di euro.
Università degli Studi di Napoli Federico II - Dipartimento di Medicina Veterinaria e Produzioni Animali
Via Federico Delpino,1
80137 Napoli NA
Italia
Università Luigi Vanvitelli - Dipartimento di Medicina di Precisione
Via de Crecchio, 7
80138 Napoli NA
Italia
Università degli Studi di Padova - Dipartimento di Agronomia Animali Alimenti Risorse Naturali e Ambiente (DAFNAE)
Viale dell'Università 16
35020 Legnaro PD
Italia
Strategie per il miglioramento della redditività dell'allevamento bufalino
Università degli Studi di Napoli Federico II - Dipartimento di Medicina Veterinaria e Produzioni Animali
Via Federico Delpino,1
80137 Napoli NA
Italia
Strategie per il miglioramento della redditività dell'allevamento bufalino
Il progetto ha l’obiettivo di implementare alcuni indicatori di redditività dell’allevamento bufalino attraverso indagini specifiche mirate al miglioramento delle caratteristiche del latte. In particolare, il progetto mira a:
- sviluppare modelli predittivi inserendo nei modelli statistici informazioni di tipo manageriale ed economico, per l'identificazione di indicatori di redditività aziendale, legati ad aspetti produttivi, benessere animale, riproduttivi e di sostenibilità;
- ridurre il numero di animali allevati, mantenendo tuttavia costante la produzione di formaggio, attraverso oculati programmi di miglioramento genetico;
- Miglioramento delle tecniche di allevamento e mungitura in particolare;
- Individuazione di nuovi metaboliti a carattere nutraceutico nel latte e nella mozzarella;
- Miglioramento del sistema di tracciabilità della filiera.
Si riportano i principali risultati ottenuti in STRABUF, tutti trasferibili ad altre imprese operanti nel settore.
- È stata effettuata una questionnaire survey che ha messo in evidenza le principali criticità e punti di forza dell'allevamento bufalino in Campania. Tale azione consentito una caratterizzazione fenotipica della bufala Mediterranea Italiana (Costa et al., https://doi.org/10.3390/ani10020327) e ha evidenziato una criticità delle aziende bufaline: la mancata standardizzazione delle tecniche di mungitura. E' stato così possibile definire per la prima volta i parametri di mungitura più idonei per tale specie (Matera et al., https://doi.org/10.1080/1828051X.2023.2271951). L'analisi dei dati ottenuti attraverso i controlli funzionali del latte ha permesso di evidenziare l'importanza del parametro cellule somatiche del latte per definire uno stato infiammatorio della mammella ed intervenire prima che il fenomeno necessiti dell'utilizzo di antibiotici (Costa et al., https://doi.org/10.3168/jds.2019-18009).
- Innovazione di processo ottenuta mediante l'applicazione di tecniche di allevamento innovative quali lo zero grazing, che prevedono l'utilizzo di foraggi verdi sfalciati precocemente e la somministrazione direttamente in stalla agli animali. Tramite questa tecnica è stato possibile migliorare gli aspetti qualitativi e funzionali del latte e nel complesso la sostenibilità dell'azienda bufalina (Neglia et al., https://doi.org/10.1038/s41598-022-25491-w). Infatti, lo zero grazing ha consentito una maggiore asportazione di azoto dal terreno (s. ambientale), ridotto il costo razione di circa 0,90 € (s. economica) e l'impiego di un lavoratore in azienda (s. sociale). Inoltre, sono migliorate le caratteristiche funzionali del latte, in quanto è risultato incrementato il potere antiossidante del latte ed il contenuto in carnitine a catena corta e betaine. Diversi studi hanno dimostrato l'importanza dell'assunzione di tali molecole nel preservare la salute umana e ridurre il rischio di sindrome metabolica (D'Onofrio et al., https://doi.org/10.1038/s41598-020-65865-6).
- Sono stati analizzati gli spettri utilizzati in medio-infrarosso per valutare la qualità del latte bufalino, creando modelli predizionali più accurati e veritieri della composizione del latte.
Sarà effettuata un’indagine preliminare basata sui controlli funzionali effettuati nelle aziende associate ad ARAC negli ultimi 5 anni (WP1). L’analisi dei dati consentirà di valutare le caratteristiche del latte in relazione ad alcuni indicatori riproduttivi. Inoltre, attraverso azioni mirate in circa 50 aziende sarà effettuata una questionnaire survey per la registrazione delle tecniche manageriali adottate, con particolare riferimento alla mungitura. Nelle aziende partner saranno creati 2 gruppi di bufale alimentati con diete isoproteiche e isoenergetiche ma differenti per base foraggera (utilizzando foraggi verdi verso foraggi secchi). Mensilmente saranno registrate le produzioni e saranno raccolti campioni individuali di latte (30/gruppo) da sottoporre ad analisi lattodinamografica e spettroscopia MIRS e campioni di sangue per la valutazione del profilo metabolico (WP2). Inoltre campioni di latte di massa saranno prelevati a cadenza bimestrale e saranno effettuate prove di caseificazione per valutare il profilo funzionale del latte e della mozzarella nel corso della lattazione (WP3). Le informazioni ottenute nel WP1 e WP2 saranno analizzate per l’identificazione di indicatori e benchmark per il miglioramento della redditività e sostenibilità della filiera e modelli di predizione per le caratteristiche tecnologiche del latte (WP4), nonché per il miglioramento delle tecniche di mungitura. Infine, per tutta la durata del progetto sono previste misure di accompagnamento e divulgazione, al fine di rendere i risultati fruibili a tutte le aziende del comparto bufalino (WP5).
L’allevamento bufalino rappresenta una delle principali attività agricole presenti in Regione Campania: basti pensare che l’indotto della filiera si aggirerebbe intorno al 20% del PIL Campano (considerando allevamento e trasformazione), offrendo lavoro ad oltre 15.000 addetti. Del resto, come evidenziato nell’analisi di contesto della Regione Campania, è uno dei pochi settori zootecnici in costante crescita. Inoltre va considerato che gli addetti della filiera hanno per circa il 40% un’età inferiore a 40 anni, a dimostrazione del ruolo cardine svolto dalla filiera bufalina nel ridurre il fenomeno della disoccupazione giovanile. In base ai dati dell’Anagrafe Nazionale Zootecnica (BDN Teramo), al 31 Marzo 2018 sono presenti in Campania 1.273 aziende bufaline (57,0% del totale presente sul territorio nazionale) e 295.645 capi (74% del patrimonio Italiano). Il notevole sviluppo della filiera va ricercato nella valorizzazione del prodotto finale che deriva da questo allevamento: la mozzarella di bufala Campana DOP, quarto formaggio DOP Italiano per esportazione e che, in base ai dati forniti dal Consorzio di tutela, ha assicurato nel 2016 un fatturato al consumo di oltre 600 milioni di euro.
Università degli Studi di Napoli Federico II - Dipartimento di Medicina Veterinaria e Produzioni Animali
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80137 Napoli NA
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Strategie per il miglioramento della redditività dell'allevamento bufalino
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Strategie per il miglioramento della redditività dell'allevamento bufalino
Il progetto ha l’obiettivo di implementare alcuni indicatori di redditività dell’allevamento bufalino attraverso indagini specifiche mirate al miglioramento delle caratteristiche del latte. In particolare, il progetto mira a:
- sviluppare modelli predittivi inserendo nei modelli statistici informazioni di tipo manageriale ed economico, per l'identificazione di indicatori di redditività aziendale, legati ad aspetti produttivi, benessere animale, riproduttivi e di sostenibilità;
- ridurre il numero di animali allevati, mantenendo tuttavia costante la produzione di formaggio, attraverso oculati programmi di miglioramento genetico;
- Miglioramento delle tecniche di allevamento e mungitura in particolare;
- Individuazione di nuovi metaboliti a carattere nutraceutico nel latte e nella mozzarella;
- Miglioramento del sistema di tracciabilità della filiera.
Si riportano i principali risultati ottenuti in STRABUF, tutti trasferibili ad altre imprese operanti nel settore.
- È stata effettuata una questionnaire survey che ha messo in evidenza le principali criticità e punti di forza dell'allevamento bufalino in Campania. Tale azione consentito una caratterizzazione fenotipica della bufala Mediterranea Italiana (Costa et al., https://doi.org/10.3390/ani10020327) e ha evidenziato una criticità delle aziende bufaline: la mancata standardizzazione delle tecniche di mungitura. E' stato così possibile definire per la prima volta i parametri di mungitura più idonei per tale specie (Matera et al., https://doi.org/10.1080/1828051X.2023.2271951). L'analisi dei dati ottenuti attraverso i controlli funzionali del latte ha permesso di evidenziare l'importanza del parametro cellule somatiche del latte per definire uno stato infiammatorio della mammella ed intervenire prima che il fenomeno necessiti dell'utilizzo di antibiotici (Costa et al., https://doi.org/10.3168/jds.2019-18009).
- Innovazione di processo ottenuta mediante l'applicazione di tecniche di allevamento innovative quali lo zero grazing, che prevedono l'utilizzo di foraggi verdi sfalciati precocemente e la somministrazione direttamente in stalla agli animali. Tramite questa tecnica è stato possibile migliorare gli aspetti qualitativi e funzionali del latte e nel complesso la sostenibilità dell'azienda bufalina (Neglia et al., https://doi.org/10.1038/s41598-022-25491-w). Infatti, lo zero grazing ha consentito una maggiore asportazione di azoto dal terreno (s. ambientale), ridotto il costo razione di circa 0,90 € (s. economica) e l'impiego di un lavoratore in azienda (s. sociale). Inoltre, sono migliorate le caratteristiche funzionali del latte, in quanto è risultato incrementato il potere antiossidante del latte ed il contenuto in carnitine a catena corta e betaine. Diversi studi hanno dimostrato l'importanza dell'assunzione di tali molecole nel preservare la salute umana e ridurre il rischio di sindrome metabolica (D'Onofrio et al., https://doi.org/10.1038/s41598-020-65865-6).
- Sono stati analizzati gli spettri utilizzati in medio-infrarosso per valutare la qualità del latte bufalino, creando modelli predizionali più accurati e veritieri della composizione del latte.
Sarà effettuata un’indagine preliminare basata sui controlli funzionali effettuati nelle aziende associate ad ARAC negli ultimi 5 anni (WP1). L’analisi dei dati consentirà di valutare le caratteristiche del latte in relazione ad alcuni indicatori riproduttivi. Inoltre, attraverso azioni mirate in circa 50 aziende sarà effettuata una questionnaire survey per la registrazione delle tecniche manageriali adottate, con particolare riferimento alla mungitura. Nelle aziende partner saranno creati 2 gruppi di bufale alimentati con diete isoproteiche e isoenergetiche ma differenti per base foraggera (utilizzando foraggi verdi verso foraggi secchi). Mensilmente saranno registrate le produzioni e saranno raccolti campioni individuali di latte (30/gruppo) da sottoporre ad analisi lattodinamografica e spettroscopia MIRS e campioni di sangue per la valutazione del profilo metabolico (WP2). Inoltre campioni di latte di massa saranno prelevati a cadenza bimestrale e saranno effettuate prove di caseificazione per valutare il profilo funzionale del latte e della mozzarella nel corso della lattazione (WP3). Le informazioni ottenute nel WP1 e WP2 saranno analizzate per l’identificazione di indicatori e benchmark per il miglioramento della redditività e sostenibilità della filiera e modelli di predizione per le caratteristiche tecnologiche del latte (WP4), nonché per il miglioramento delle tecniche di mungitura. Infine, per tutta la durata del progetto sono previste misure di accompagnamento e divulgazione, al fine di rendere i risultati fruibili a tutte le aziende del comparto bufalino (WP5).
L’allevamento bufalino rappresenta una delle principali attività agricole presenti in Regione Campania: basti pensare che l’indotto della filiera si aggirerebbe intorno al 20% del PIL Campano (considerando allevamento e trasformazione), offrendo lavoro ad oltre 15.000 addetti. Del resto, come evidenziato nell’analisi di contesto della Regione Campania, è uno dei pochi settori zootecnici in costante crescita. Inoltre va considerato che gli addetti della filiera hanno per circa il 40% un’età inferiore a 40 anni, a dimostrazione del ruolo cardine svolto dalla filiera bufalina nel ridurre il fenomeno della disoccupazione giovanile. In base ai dati dell’Anagrafe Nazionale Zootecnica (BDN Teramo), al 31 Marzo 2018 sono presenti in Campania 1.273 aziende bufaline (57,0% del totale presente sul territorio nazionale) e 295.645 capi (74% del patrimonio Italiano). Il notevole sviluppo della filiera va ricercato nella valorizzazione del prodotto finale che deriva da questo allevamento: la mozzarella di bufala Campana DOP, quarto formaggio DOP Italiano per esportazione e che, in base ai dati forniti dal Consorzio di tutela, ha assicurato nel 2016 un fatturato al consumo di oltre 600 milioni di euro.
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Il progetto ha l’obiettivo di implementare alcuni indicatori di redditività dell’allevamento bufalino attraverso indagini specifiche mirate al miglioramento delle caratteristiche del latte. In particolare, il progetto mira a:
- sviluppare modelli predittivi inserendo nei modelli statistici informazioni di tipo manageriale ed economico, per l'identificazione di indicatori di redditività aziendale, legati ad aspetti produttivi, benessere animale, riproduttivi e di sostenibilità;
- ridurre il numero di animali allevati, mantenendo tuttavia costante la produzione di formaggio, attraverso oculati programmi di miglioramento genetico;
- Miglioramento delle tecniche di allevamento e mungitura in particolare;
- Individuazione di nuovi metaboliti a carattere nutraceutico nel latte e nella mozzarella;
- Miglioramento del sistema di tracciabilità della filiera.
Si riportano i principali risultati ottenuti in STRABUF, tutti trasferibili ad altre imprese operanti nel settore.
- È stata effettuata una questionnaire survey che ha messo in evidenza le principali criticità e punti di forza dell'allevamento bufalino in Campania. Tale azione consentito una caratterizzazione fenotipica della bufala Mediterranea Italiana (Costa et al., https://doi.org/10.3390/ani10020327) e ha evidenziato una criticità delle aziende bufaline: la mancata standardizzazione delle tecniche di mungitura. E' stato così possibile definire per la prima volta i parametri di mungitura più idonei per tale specie (Matera et al., https://doi.org/10.1080/1828051X.2023.2271951). L'analisi dei dati ottenuti attraverso i controlli funzionali del latte ha permesso di evidenziare l'importanza del parametro cellule somatiche del latte per definire uno stato infiammatorio della mammella ed intervenire prima che il fenomeno necessiti dell'utilizzo di antibiotici (Costa et al., https://doi.org/10.3168/jds.2019-18009).
- Innovazione di processo ottenuta mediante l'applicazione di tecniche di allevamento innovative quali lo zero grazing, che prevedono l'utilizzo di foraggi verdi sfalciati precocemente e la somministrazione direttamente in stalla agli animali. Tramite questa tecnica è stato possibile migliorare gli aspetti qualitativi e funzionali del latte e nel complesso la sostenibilità dell'azienda bufalina (Neglia et al., https://doi.org/10.1038/s41598-022-25491-w). Infatti, lo zero grazing ha consentito una maggiore asportazione di azoto dal terreno (s. ambientale), ridotto il costo razione di circa 0,90 € (s. economica) e l'impiego di un lavoratore in azienda (s. sociale). Inoltre, sono migliorate le caratteristiche funzionali del latte, in quanto è risultato incrementato il potere antiossidante del latte ed il contenuto in carnitine a catena corta e betaine. Diversi studi hanno dimostrato l'importanza dell'assunzione di tali molecole nel preservare la salute umana e ridurre il rischio di sindrome metabolica (D'Onofrio et al., https://doi.org/10.1038/s41598-020-65865-6).
- Sono stati analizzati gli spettri utilizzati in medio-infrarosso per valutare la qualità del latte bufalino, creando modelli predizionali più accurati e veritieri della composizione del latte.
Sarà effettuata un’indagine preliminare basata sui controlli funzionali effettuati nelle aziende associate ad ARAC negli ultimi 5 anni (WP1). L’analisi dei dati consentirà di valutare le caratteristiche del latte in relazione ad alcuni indicatori riproduttivi. Inoltre, attraverso azioni mirate in circa 50 aziende sarà effettuata una questionnaire survey per la registrazione delle tecniche manageriali adottate, con particolare riferimento alla mungitura. Nelle aziende partner saranno creati 2 gruppi di bufale alimentati con diete isoproteiche e isoenergetiche ma differenti per base foraggera (utilizzando foraggi verdi verso foraggi secchi). Mensilmente saranno registrate le produzioni e saranno raccolti campioni individuali di latte (30/gruppo) da sottoporre ad analisi lattodinamografica e spettroscopia MIRS e campioni di sangue per la valutazione del profilo metabolico (WP2). Inoltre campioni di latte di massa saranno prelevati a cadenza bimestrale e saranno effettuate prove di caseificazione per valutare il profilo funzionale del latte e della mozzarella nel corso della lattazione (WP3). Le informazioni ottenute nel WP1 e WP2 saranno analizzate per l’identificazione di indicatori e benchmark per il miglioramento della redditività e sostenibilità della filiera e modelli di predizione per le caratteristiche tecnologiche del latte (WP4), nonché per il miglioramento delle tecniche di mungitura. Infine, per tutta la durata del progetto sono previste misure di accompagnamento e divulgazione, al fine di rendere i risultati fruibili a tutte le aziende del comparto bufalino (WP5).
L’allevamento bufalino rappresenta una delle principali attività agricole presenti in Regione Campania: basti pensare che l’indotto della filiera si aggirerebbe intorno al 20% del PIL Campano (considerando allevamento e trasformazione), offrendo lavoro ad oltre 15.000 addetti. Del resto, come evidenziato nell’analisi di contesto della Regione Campania, è uno dei pochi settori zootecnici in costante crescita. Inoltre va considerato che gli addetti della filiera hanno per circa il 40% un’età inferiore a 40 anni, a dimostrazione del ruolo cardine svolto dalla filiera bufalina nel ridurre il fenomeno della disoccupazione giovanile. In base ai dati dell’Anagrafe Nazionale Zootecnica (BDN Teramo), al 31 Marzo 2018 sono presenti in Campania 1.273 aziende bufaline (57,0% del totale presente sul territorio nazionale) e 295.645 capi (74% del patrimonio Italiano). Il notevole sviluppo della filiera va ricercato nella valorizzazione del prodotto finale che deriva da questo allevamento: la mozzarella di bufala Campana DOP, quarto formaggio DOP Italiano per esportazione e che, in base ai dati forniti dal Consorzio di tutela, ha assicurato nel 2016 un fatturato al consumo di oltre 600 milioni di euro.
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Il progetto ha l’obiettivo di implementare alcuni indicatori di redditività dell’allevamento bufalino attraverso indagini specifiche mirate al miglioramento delle caratteristiche del latte. In particolare, il progetto mira a:
- sviluppare modelli predittivi inserendo nei modelli statistici informazioni di tipo manageriale ed economico, per l'identificazione di indicatori di redditività aziendale, legati ad aspetti produttivi, benessere animale, riproduttivi e di sostenibilità;
- ridurre il numero di animali allevati, mantenendo tuttavia costante la produzione di formaggio, attraverso oculati programmi di miglioramento genetico;
- Miglioramento delle tecniche di allevamento e mungitura in particolare;
- Individuazione di nuovi metaboliti a carattere nutraceutico nel latte e nella mozzarella;
- Miglioramento del sistema di tracciabilità della filiera.
Si riportano i principali risultati ottenuti in STRABUF, tutti trasferibili ad altre imprese operanti nel settore.
- È stata effettuata una questionnaire survey che ha messo in evidenza le principali criticità e punti di forza dell'allevamento bufalino in Campania. Tale azione consentito una caratterizzazione fenotipica della bufala Mediterranea Italiana (Costa et al., https://doi.org/10.3390/ani10020327) e ha evidenziato una criticità delle aziende bufaline: la mancata standardizzazione delle tecniche di mungitura. E' stato così possibile definire per la prima volta i parametri di mungitura più idonei per tale specie (Matera et al., https://doi.org/10.1080/1828051X.2023.2271951). L'analisi dei dati ottenuti attraverso i controlli funzionali del latte ha permesso di evidenziare l'importanza del parametro cellule somatiche del latte per definire uno stato infiammatorio della mammella ed intervenire prima che il fenomeno necessiti dell'utilizzo di antibiotici (Costa et al., https://doi.org/10.3168/jds.2019-18009).
- Innovazione di processo ottenuta mediante l'applicazione di tecniche di allevamento innovative quali lo zero grazing, che prevedono l'utilizzo di foraggi verdi sfalciati precocemente e la somministrazione direttamente in stalla agli animali. Tramite questa tecnica è stato possibile migliorare gli aspetti qualitativi e funzionali del latte e nel complesso la sostenibilità dell'azienda bufalina (Neglia et al., https://doi.org/10.1038/s41598-022-25491-w). Infatti, lo zero grazing ha consentito una maggiore asportazione di azoto dal terreno (s. ambientale), ridotto il costo razione di circa 0,90 € (s. economica) e l'impiego di un lavoratore in azienda (s. sociale). Inoltre, sono migliorate le caratteristiche funzionali del latte, in quanto è risultato incrementato il potere antiossidante del latte ed il contenuto in carnitine a catena corta e betaine. Diversi studi hanno dimostrato l'importanza dell'assunzione di tali molecole nel preservare la salute umana e ridurre il rischio di sindrome metabolica (D'Onofrio et al., https://doi.org/10.1038/s41598-020-65865-6).
- Sono stati analizzati gli spettri utilizzati in medio-infrarosso per valutare la qualità del latte bufalino, creando modelli predizionali più accurati e veritieri della composizione del latte.
Sarà effettuata un’indagine preliminare basata sui controlli funzionali effettuati nelle aziende associate ad ARAC negli ultimi 5 anni (WP1). L’analisi dei dati consentirà di valutare le caratteristiche del latte in relazione ad alcuni indicatori riproduttivi. Inoltre, attraverso azioni mirate in circa 50 aziende sarà effettuata una questionnaire survey per la registrazione delle tecniche manageriali adottate, con particolare riferimento alla mungitura. Nelle aziende partner saranno creati 2 gruppi di bufale alimentati con diete isoproteiche e isoenergetiche ma differenti per base foraggera (utilizzando foraggi verdi verso foraggi secchi). Mensilmente saranno registrate le produzioni e saranno raccolti campioni individuali di latte (30/gruppo) da sottoporre ad analisi lattodinamografica e spettroscopia MIRS e campioni di sangue per la valutazione del profilo metabolico (WP2). Inoltre campioni di latte di massa saranno prelevati a cadenza bimestrale e saranno effettuate prove di caseificazione per valutare il profilo funzionale del latte e della mozzarella nel corso della lattazione (WP3). Le informazioni ottenute nel WP1 e WP2 saranno analizzate per l’identificazione di indicatori e benchmark per il miglioramento della redditività e sostenibilità della filiera e modelli di predizione per le caratteristiche tecnologiche del latte (WP4), nonché per il miglioramento delle tecniche di mungitura. Infine, per tutta la durata del progetto sono previste misure di accompagnamento e divulgazione, al fine di rendere i risultati fruibili a tutte le aziende del comparto bufalino (WP5).
L’allevamento bufalino rappresenta una delle principali attività agricole presenti in Regione Campania: basti pensare che l’indotto della filiera si aggirerebbe intorno al 20% del PIL Campano (considerando allevamento e trasformazione), offrendo lavoro ad oltre 15.000 addetti. Del resto, come evidenziato nell’analisi di contesto della Regione Campania, è uno dei pochi settori zootecnici in costante crescita. Inoltre va considerato che gli addetti della filiera hanno per circa il 40% un’età inferiore a 40 anni, a dimostrazione del ruolo cardine svolto dalla filiera bufalina nel ridurre il fenomeno della disoccupazione giovanile. In base ai dati dell’Anagrafe Nazionale Zootecnica (BDN Teramo), al 31 Marzo 2018 sono presenti in Campania 1.273 aziende bufaline (57,0% del totale presente sul territorio nazionale) e 295.645 capi (74% del patrimonio Italiano). Il notevole sviluppo della filiera va ricercato nella valorizzazione del prodotto finale che deriva da questo allevamento: la mozzarella di bufala Campana DOP, quarto formaggio DOP Italiano per esportazione e che, in base ai dati forniti dal Consorzio di tutela, ha assicurato nel 2016 un fatturato al consumo di oltre 600 milioni di euro.
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Il progetto ha l’obiettivo di implementare alcuni indicatori di redditività dell’allevamento bufalino attraverso indagini specifiche mirate al miglioramento delle caratteristiche del latte. In particolare, il progetto mira a:
- sviluppare modelli predittivi inserendo nei modelli statistici informazioni di tipo manageriale ed economico, per l'identificazione di indicatori di redditività aziendale, legati ad aspetti produttivi, benessere animale, riproduttivi e di sostenibilità;
- ridurre il numero di animali allevati, mantenendo tuttavia costante la produzione di formaggio, attraverso oculati programmi di miglioramento genetico;
- Miglioramento delle tecniche di allevamento e mungitura in particolare;
- Individuazione di nuovi metaboliti a carattere nutraceutico nel latte e nella mozzarella;
- Miglioramento del sistema di tracciabilità della filiera.
Si riportano i principali risultati ottenuti in STRABUF, tutti trasferibili ad altre imprese operanti nel settore.
- È stata effettuata una questionnaire survey che ha messo in evidenza le principali criticità e punti di forza dell'allevamento bufalino in Campania. Tale azione consentito una caratterizzazione fenotipica della bufala Mediterranea Italiana (Costa et al., https://doi.org/10.3390/ani10020327) e ha evidenziato una criticità delle aziende bufaline: la mancata standardizzazione delle tecniche di mungitura. E' stato così possibile definire per la prima volta i parametri di mungitura più idonei per tale specie (Matera et al., https://doi.org/10.1080/1828051X.2023.2271951). L'analisi dei dati ottenuti attraverso i controlli funzionali del latte ha permesso di evidenziare l'importanza del parametro cellule somatiche del latte per definire uno stato infiammatorio della mammella ed intervenire prima che il fenomeno necessiti dell'utilizzo di antibiotici (Costa et al., https://doi.org/10.3168/jds.2019-18009).
- Innovazione di processo ottenuta mediante l'applicazione di tecniche di allevamento innovative quali lo zero grazing, che prevedono l'utilizzo di foraggi verdi sfalciati precocemente e la somministrazione direttamente in stalla agli animali. Tramite questa tecnica è stato possibile migliorare gli aspetti qualitativi e funzionali del latte e nel complesso la sostenibilità dell'azienda bufalina (Neglia et al., https://doi.org/10.1038/s41598-022-25491-w). Infatti, lo zero grazing ha consentito una maggiore asportazione di azoto dal terreno (s. ambientale), ridotto il costo razione di circa 0,90 € (s. economica) e l'impiego di un lavoratore in azienda (s. sociale). Inoltre, sono migliorate le caratteristiche funzionali del latte, in quanto è risultato incrementato il potere antiossidante del latte ed il contenuto in carnitine a catena corta e betaine. Diversi studi hanno dimostrato l'importanza dell'assunzione di tali molecole nel preservare la salute umana e ridurre il rischio di sindrome metabolica (D'Onofrio et al., https://doi.org/10.1038/s41598-020-65865-6).
- Sono stati analizzati gli spettri utilizzati in medio-infrarosso per valutare la qualità del latte bufalino, creando modelli predizionali più accurati e veritieri della composizione del latte.
Sarà effettuata un’indagine preliminare basata sui controlli funzionali effettuati nelle aziende associate ad ARAC negli ultimi 5 anni (WP1). L’analisi dei dati consentirà di valutare le caratteristiche del latte in relazione ad alcuni indicatori riproduttivi. Inoltre, attraverso azioni mirate in circa 50 aziende sarà effettuata una questionnaire survey per la registrazione delle tecniche manageriali adottate, con particolare riferimento alla mungitura. Nelle aziende partner saranno creati 2 gruppi di bufale alimentati con diete isoproteiche e isoenergetiche ma differenti per base foraggera (utilizzando foraggi verdi verso foraggi secchi). Mensilmente saranno registrate le produzioni e saranno raccolti campioni individuali di latte (30/gruppo) da sottoporre ad analisi lattodinamografica e spettroscopia MIRS e campioni di sangue per la valutazione del profilo metabolico (WP2). Inoltre campioni di latte di massa saranno prelevati a cadenza bimestrale e saranno effettuate prove di caseificazione per valutare il profilo funzionale del latte e della mozzarella nel corso della lattazione (WP3). Le informazioni ottenute nel WP1 e WP2 saranno analizzate per l’identificazione di indicatori e benchmark per il miglioramento della redditività e sostenibilità della filiera e modelli di predizione per le caratteristiche tecnologiche del latte (WP4), nonché per il miglioramento delle tecniche di mungitura. Infine, per tutta la durata del progetto sono previste misure di accompagnamento e divulgazione, al fine di rendere i risultati fruibili a tutte le aziende del comparto bufalino (WP5).
L’allevamento bufalino rappresenta una delle principali attività agricole presenti in Regione Campania: basti pensare che l’indotto della filiera si aggirerebbe intorno al 20% del PIL Campano (considerando allevamento e trasformazione), offrendo lavoro ad oltre 15.000 addetti. Del resto, come evidenziato nell’analisi di contesto della Regione Campania, è uno dei pochi settori zootecnici in costante crescita. Inoltre va considerato che gli addetti della filiera hanno per circa il 40% un’età inferiore a 40 anni, a dimostrazione del ruolo cardine svolto dalla filiera bufalina nel ridurre il fenomeno della disoccupazione giovanile. In base ai dati dell’Anagrafe Nazionale Zootecnica (BDN Teramo), al 31 Marzo 2018 sono presenti in Campania 1.273 aziende bufaline (57,0% del totale presente sul territorio nazionale) e 295.645 capi (74% del patrimonio Italiano). Il notevole sviluppo della filiera va ricercato nella valorizzazione del prodotto finale che deriva da questo allevamento: la mozzarella di bufala Campana DOP, quarto formaggio DOP Italiano per esportazione e che, in base ai dati forniti dal Consorzio di tutela, ha assicurato nel 2016 un fatturato al consumo di oltre 600 milioni di euro.
Università degli Studi di Napoli Federico II - Dipartimento di Medicina Veterinaria e Produzioni Animali
Via Federico Delpino,1
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Viale dell'Università 16
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Strategie per il miglioramento della redditività dell'allevamento bufalino
Università degli Studi di Napoli Federico II - Dipartimento di Medicina Veterinaria e Produzioni Animali
Via Federico Delpino,1
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Strategie per il miglioramento della redditività dell'allevamento bufalino
Il progetto ha l’obiettivo di implementare alcuni indicatori di redditività dell’allevamento bufalino attraverso indagini specifiche mirate al miglioramento delle caratteristiche del latte. In particolare, il progetto mira a:
- sviluppare modelli predittivi inserendo nei modelli statistici informazioni di tipo manageriale ed economico, per l'identificazione di indicatori di redditività aziendale, legati ad aspetti produttivi, benessere animale, riproduttivi e di sostenibilità;
- ridurre il numero di animali allevati, mantenendo tuttavia costante la produzione di formaggio, attraverso oculati programmi di miglioramento genetico;
- Miglioramento delle tecniche di allevamento e mungitura in particolare;
- Individuazione di nuovi metaboliti a carattere nutraceutico nel latte e nella mozzarella;
- Miglioramento del sistema di tracciabilità della filiera.
Si riportano i principali risultati ottenuti in STRABUF, tutti trasferibili ad altre imprese operanti nel settore.
- È stata effettuata una questionnaire survey che ha messo in evidenza le principali criticità e punti di forza dell'allevamento bufalino in Campania. Tale azione consentito una caratterizzazione fenotipica della bufala Mediterranea Italiana (Costa et al., https://doi.org/10.3390/ani10020327) e ha evidenziato una criticità delle aziende bufaline: la mancata standardizzazione delle tecniche di mungitura. E' stato così possibile definire per la prima volta i parametri di mungitura più idonei per tale specie (Matera et al., https://doi.org/10.1080/1828051X.2023.2271951). L'analisi dei dati ottenuti attraverso i controlli funzionali del latte ha permesso di evidenziare l'importanza del parametro cellule somatiche del latte per definire uno stato infiammatorio della mammella ed intervenire prima che il fenomeno necessiti dell'utilizzo di antibiotici (Costa et al., https://doi.org/10.3168/jds.2019-18009).
- Innovazione di processo ottenuta mediante l'applicazione di tecniche di allevamento innovative quali lo zero grazing, che prevedono l'utilizzo di foraggi verdi sfalciati precocemente e la somministrazione direttamente in stalla agli animali. Tramite questa tecnica è stato possibile migliorare gli aspetti qualitativi e funzionali del latte e nel complesso la sostenibilità dell'azienda bufalina (Neglia et al., https://doi.org/10.1038/s41598-022-25491-w). Infatti, lo zero grazing ha consentito una maggiore asportazione di azoto dal terreno (s. ambientale), ridotto il costo razione di circa 0,90 € (s. economica) e l'impiego di un lavoratore in azienda (s. sociale). Inoltre, sono migliorate le caratteristiche funzionali del latte, in quanto è risultato incrementato il potere antiossidante del latte ed il contenuto in carnitine a catena corta e betaine. Diversi studi hanno dimostrato l'importanza dell'assunzione di tali molecole nel preservare la salute umana e ridurre il rischio di sindrome metabolica (D'Onofrio et al., https://doi.org/10.1038/s41598-020-65865-6).
- Sono stati analizzati gli spettri utilizzati in medio-infrarosso per valutare la qualità del latte bufalino, creando modelli predizionali più accurati e veritieri della composizione del latte.
Sarà effettuata un’indagine preliminare basata sui controlli funzionali effettuati nelle aziende associate ad ARAC negli ultimi 5 anni (WP1). L’analisi dei dati consentirà di valutare le caratteristiche del latte in relazione ad alcuni indicatori riproduttivi. Inoltre, attraverso azioni mirate in circa 50 aziende sarà effettuata una questionnaire survey per la registrazione delle tecniche manageriali adottate, con particolare riferimento alla mungitura. Nelle aziende partner saranno creati 2 gruppi di bufale alimentati con diete isoproteiche e isoenergetiche ma differenti per base foraggera (utilizzando foraggi verdi verso foraggi secchi). Mensilmente saranno registrate le produzioni e saranno raccolti campioni individuali di latte (30/gruppo) da sottoporre ad analisi lattodinamografica e spettroscopia MIRS e campioni di sangue per la valutazione del profilo metabolico (WP2). Inoltre campioni di latte di massa saranno prelevati a cadenza bimestrale e saranno effettuate prove di caseificazione per valutare il profilo funzionale del latte e della mozzarella nel corso della lattazione (WP3). Le informazioni ottenute nel WP1 e WP2 saranno analizzate per l’identificazione di indicatori e benchmark per il miglioramento della redditività e sostenibilità della filiera e modelli di predizione per le caratteristiche tecnologiche del latte (WP4), nonché per il miglioramento delle tecniche di mungitura. Infine, per tutta la durata del progetto sono previste misure di accompagnamento e divulgazione, al fine di rendere i risultati fruibili a tutte le aziende del comparto bufalino (WP5).
L’allevamento bufalino rappresenta una delle principali attività agricole presenti in Regione Campania: basti pensare che l’indotto della filiera si aggirerebbe intorno al 20% del PIL Campano (considerando allevamento e trasformazione), offrendo lavoro ad oltre 15.000 addetti. Del resto, come evidenziato nell’analisi di contesto della Regione Campania, è uno dei pochi settori zootecnici in costante crescita. Inoltre va considerato che gli addetti della filiera hanno per circa il 40% un’età inferiore a 40 anni, a dimostrazione del ruolo cardine svolto dalla filiera bufalina nel ridurre il fenomeno della disoccupazione giovanile. In base ai dati dell’Anagrafe Nazionale Zootecnica (BDN Teramo), al 31 Marzo 2018 sono presenti in Campania 1.273 aziende bufaline (57,0% del totale presente sul territorio nazionale) e 295.645 capi (74% del patrimonio Italiano). Il notevole sviluppo della filiera va ricercato nella valorizzazione del prodotto finale che deriva da questo allevamento: la mozzarella di bufala Campana DOP, quarto formaggio DOP Italiano per esportazione e che, in base ai dati forniti dal Consorzio di tutela, ha assicurato nel 2016 un fatturato al consumo di oltre 600 milioni di euro.
Università degli Studi di Napoli Federico II - Dipartimento di Medicina Veterinaria e Produzioni Animali
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Strategie per il miglioramento della redditività dell'allevamento bufalino
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Strategie per il miglioramento della redditività dell'allevamento bufalino
Il progetto ha l’obiettivo di implementare alcuni indicatori di redditività dell’allevamento bufalino attraverso indagini specifiche mirate al miglioramento delle caratteristiche del latte. In particolare, il progetto mira a:
- sviluppare modelli predittivi inserendo nei modelli statistici informazioni di tipo manageriale ed economico, per l'identificazione di indicatori di redditività aziendale, legati ad aspetti produttivi, benessere animale, riproduttivi e di sostenibilità;
- ridurre il numero di animali allevati, mantenendo tuttavia costante la produzione di formaggio, attraverso oculati programmi di miglioramento genetico;
- Miglioramento delle tecniche di allevamento e mungitura in particolare;
- Individuazione di nuovi metaboliti a carattere nutraceutico nel latte e nella mozzarella;
- Miglioramento del sistema di tracciabilità della filiera.
Si riportano i principali risultati ottenuti in STRABUF, tutti trasferibili ad altre imprese operanti nel settore.
- È stata effettuata una questionnaire survey che ha messo in evidenza le principali criticità e punti di forza dell'allevamento bufalino in Campania. Tale azione consentito una caratterizzazione fenotipica della bufala Mediterranea Italiana (Costa et al., https://doi.org/10.3390/ani10020327) e ha evidenziato una criticità delle aziende bufaline: la mancata standardizzazione delle tecniche di mungitura. E' stato così possibile definire per la prima volta i parametri di mungitura più idonei per tale specie (Matera et al., https://doi.org/10.1080/1828051X.2023.2271951). L'analisi dei dati ottenuti attraverso i controlli funzionali del latte ha permesso di evidenziare l'importanza del parametro cellule somatiche del latte per definire uno stato infiammatorio della mammella ed intervenire prima che il fenomeno necessiti dell'utilizzo di antibiotici (Costa et al., https://doi.org/10.3168/jds.2019-18009).
- Innovazione di processo ottenuta mediante l'applicazione di tecniche di allevamento innovative quali lo zero grazing, che prevedono l'utilizzo di foraggi verdi sfalciati precocemente e la somministrazione direttamente in stalla agli animali. Tramite questa tecnica è stato possibile migliorare gli aspetti qualitativi e funzionali del latte e nel complesso la sostenibilità dell'azienda bufalina (Neglia et al., https://doi.org/10.1038/s41598-022-25491-w). Infatti, lo zero grazing ha consentito una maggiore asportazione di azoto dal terreno (s. ambientale), ridotto il costo razione di circa 0,90 € (s. economica) e l'impiego di un lavoratore in azienda (s. sociale). Inoltre, sono migliorate le caratteristiche funzionali del latte, in quanto è risultato incrementato il potere antiossidante del latte ed il contenuto in carnitine a catena corta e betaine. Diversi studi hanno dimostrato l'importanza dell'assunzione di tali molecole nel preservare la salute umana e ridurre il rischio di sindrome metabolica (D'Onofrio et al., https://doi.org/10.1038/s41598-020-65865-6).
- Sono stati analizzati gli spettri utilizzati in medio-infrarosso per valutare la qualità del latte bufalino, creando modelli predizionali più accurati e veritieri della composizione del latte.
Sarà effettuata un’indagine preliminare basata sui controlli funzionali effettuati nelle aziende associate ad ARAC negli ultimi 5 anni (WP1). L’analisi dei dati consentirà di valutare le caratteristiche del latte in relazione ad alcuni indicatori riproduttivi. Inoltre, attraverso azioni mirate in circa 50 aziende sarà effettuata una questionnaire survey per la registrazione delle tecniche manageriali adottate, con particolare riferimento alla mungitura. Nelle aziende partner saranno creati 2 gruppi di bufale alimentati con diete isoproteiche e isoenergetiche ma differenti per base foraggera (utilizzando foraggi verdi verso foraggi secchi). Mensilmente saranno registrate le produzioni e saranno raccolti campioni individuali di latte (30/gruppo) da sottoporre ad analisi lattodinamografica e spettroscopia MIRS e campioni di sangue per la valutazione del profilo metabolico (WP2). Inoltre campioni di latte di massa saranno prelevati a cadenza bimestrale e saranno effettuate prove di caseificazione per valutare il profilo funzionale del latte e della mozzarella nel corso della lattazione (WP3). Le informazioni ottenute nel WP1 e WP2 saranno analizzate per l’identificazione di indicatori e benchmark per il miglioramento della redditività e sostenibilità della filiera e modelli di predizione per le caratteristiche tecnologiche del latte (WP4), nonché per il miglioramento delle tecniche di mungitura. Infine, per tutta la durata del progetto sono previste misure di accompagnamento e divulgazione, al fine di rendere i risultati fruibili a tutte le aziende del comparto bufalino (WP5).
L’allevamento bufalino rappresenta una delle principali attività agricole presenti in Regione Campania: basti pensare che l’indotto della filiera si aggirerebbe intorno al 20% del PIL Campano (considerando allevamento e trasformazione), offrendo lavoro ad oltre 15.000 addetti. Del resto, come evidenziato nell’analisi di contesto della Regione Campania, è uno dei pochi settori zootecnici in costante crescita. Inoltre va considerato che gli addetti della filiera hanno per circa il 40% un’età inferiore a 40 anni, a dimostrazione del ruolo cardine svolto dalla filiera bufalina nel ridurre il fenomeno della disoccupazione giovanile. In base ai dati dell’Anagrafe Nazionale Zootecnica (BDN Teramo), al 31 Marzo 2018 sono presenti in Campania 1.273 aziende bufaline (57,0% del totale presente sul territorio nazionale) e 295.645 capi (74% del patrimonio Italiano). Il notevole sviluppo della filiera va ricercato nella valorizzazione del prodotto finale che deriva da questo allevamento: la mozzarella di bufala Campana DOP, quarto formaggio DOP Italiano per esportazione e che, in base ai dati forniti dal Consorzio di tutela, ha assicurato nel 2016 un fatturato al consumo di oltre 600 milioni di euro.
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Il progetto ha l’obiettivo di implementare alcuni indicatori di redditività dell’allevamento bufalino attraverso indagini specifiche mirate al miglioramento delle caratteristiche del latte. In particolare, il progetto mira a:
- sviluppare modelli predittivi inserendo nei modelli statistici informazioni di tipo manageriale ed economico, per l'identificazione di indicatori di redditività aziendale, legati ad aspetti produttivi, benessere animale, riproduttivi e di sostenibilità;
- ridurre il numero di animali allevati, mantenendo tuttavia costante la produzione di formaggio, attraverso oculati programmi di miglioramento genetico;
- Miglioramento delle tecniche di allevamento e mungitura in particolare;
- Individuazione di nuovi metaboliti a carattere nutraceutico nel latte e nella mozzarella;
- Miglioramento del sistema di tracciabilità della filiera.
Si riportano i principali risultati ottenuti in STRABUF, tutti trasferibili ad altre imprese operanti nel settore.
- È stata effettuata una questionnaire survey che ha messo in evidenza le principali criticità e punti di forza dell'allevamento bufalino in Campania. Tale azione consentito una caratterizzazione fenotipica della bufala Mediterranea Italiana (Costa et al., https://doi.org/10.3390/ani10020327) e ha evidenziato una criticità delle aziende bufaline: la mancata standardizzazione delle tecniche di mungitura. E' stato così possibile definire per la prima volta i parametri di mungitura più idonei per tale specie (Matera et al., https://doi.org/10.1080/1828051X.2023.2271951). L'analisi dei dati ottenuti attraverso i controlli funzionali del latte ha permesso di evidenziare l'importanza del parametro cellule somatiche del latte per definire uno stato infiammatorio della mammella ed intervenire prima che il fenomeno necessiti dell'utilizzo di antibiotici (Costa et al., https://doi.org/10.3168/jds.2019-18009).
- Innovazione di processo ottenuta mediante l'applicazione di tecniche di allevamento innovative quali lo zero grazing, che prevedono l'utilizzo di foraggi verdi sfalciati precocemente e la somministrazione direttamente in stalla agli animali. Tramite questa tecnica è stato possibile migliorare gli aspetti qualitativi e funzionali del latte e nel complesso la sostenibilità dell'azienda bufalina (Neglia et al., https://doi.org/10.1038/s41598-022-25491-w). Infatti, lo zero grazing ha consentito una maggiore asportazione di azoto dal terreno (s. ambientale), ridotto il costo razione di circa 0,90 € (s. economica) e l'impiego di un lavoratore in azienda (s. sociale). Inoltre, sono migliorate le caratteristiche funzionali del latte, in quanto è risultato incrementato il potere antiossidante del latte ed il contenuto in carnitine a catena corta e betaine. Diversi studi hanno dimostrato l'importanza dell'assunzione di tali molecole nel preservare la salute umana e ridurre il rischio di sindrome metabolica (D'Onofrio et al., https://doi.org/10.1038/s41598-020-65865-6).
- Sono stati analizzati gli spettri utilizzati in medio-infrarosso per valutare la qualità del latte bufalino, creando modelli predizionali più accurati e veritieri della composizione del latte.
Sarà effettuata un’indagine preliminare basata sui controlli funzionali effettuati nelle aziende associate ad ARAC negli ultimi 5 anni (WP1). L’analisi dei dati consentirà di valutare le caratteristiche del latte in relazione ad alcuni indicatori riproduttivi. Inoltre, attraverso azioni mirate in circa 50 aziende sarà effettuata una questionnaire survey per la registrazione delle tecniche manageriali adottate, con particolare riferimento alla mungitura. Nelle aziende partner saranno creati 2 gruppi di bufale alimentati con diete isoproteiche e isoenergetiche ma differenti per base foraggera (utilizzando foraggi verdi verso foraggi secchi). Mensilmente saranno registrate le produzioni e saranno raccolti campioni individuali di latte (30/gruppo) da sottoporre ad analisi lattodinamografica e spettroscopia MIRS e campioni di sangue per la valutazione del profilo metabolico (WP2). Inoltre campioni di latte di massa saranno prelevati a cadenza bimestrale e saranno effettuate prove di caseificazione per valutare il profilo funzionale del latte e della mozzarella nel corso della lattazione (WP3). Le informazioni ottenute nel WP1 e WP2 saranno analizzate per l’identificazione di indicatori e benchmark per il miglioramento della redditività e sostenibilità della filiera e modelli di predizione per le caratteristiche tecnologiche del latte (WP4), nonché per il miglioramento delle tecniche di mungitura. Infine, per tutta la durata del progetto sono previste misure di accompagnamento e divulgazione, al fine di rendere i risultati fruibili a tutte le aziende del comparto bufalino (WP5).
L’allevamento bufalino rappresenta una delle principali attività agricole presenti in Regione Campania: basti pensare che l’indotto della filiera si aggirerebbe intorno al 20% del PIL Campano (considerando allevamento e trasformazione), offrendo lavoro ad oltre 15.000 addetti. Del resto, come evidenziato nell’analisi di contesto della Regione Campania, è uno dei pochi settori zootecnici in costante crescita. Inoltre va considerato che gli addetti della filiera hanno per circa il 40% un’età inferiore a 40 anni, a dimostrazione del ruolo cardine svolto dalla filiera bufalina nel ridurre il fenomeno della disoccupazione giovanile. In base ai dati dell’Anagrafe Nazionale Zootecnica (BDN Teramo), al 31 Marzo 2018 sono presenti in Campania 1.273 aziende bufaline (57,0% del totale presente sul territorio nazionale) e 295.645 capi (74% del patrimonio Italiano). Il notevole sviluppo della filiera va ricercato nella valorizzazione del prodotto finale che deriva da questo allevamento: la mozzarella di bufala Campana DOP, quarto formaggio DOP Italiano per esportazione e che, in base ai dati forniti dal Consorzio di tutela, ha assicurato nel 2016 un fatturato al consumo di oltre 600 milioni di euro.
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Il progetto ha l’obiettivo di implementare alcuni indicatori di redditività dell’allevamento bufalino attraverso indagini specifiche mirate al miglioramento delle caratteristiche del latte. In particolare, il progetto mira a:
- sviluppare modelli predittivi inserendo nei modelli statistici informazioni di tipo manageriale ed economico, per l'identificazione di indicatori di redditività aziendale, legati ad aspetti produttivi, benessere animale, riproduttivi e di sostenibilità;
- ridurre il numero di animali allevati, mantenendo tuttavia costante la produzione di formaggio, attraverso oculati programmi di miglioramento genetico;
- Miglioramento delle tecniche di allevamento e mungitura in particolare;
- Individuazione di nuovi metaboliti a carattere nutraceutico nel latte e nella mozzarella;
- Miglioramento del sistema di tracciabilità della filiera.
Si riportano i principali risultati ottenuti in STRABUF, tutti trasferibili ad altre imprese operanti nel settore.
- È stata effettuata una questionnaire survey che ha messo in evidenza le principali criticità e punti di forza dell'allevamento bufalino in Campania. Tale azione consentito una caratterizzazione fenotipica della bufala Mediterranea Italiana (Costa et al., https://doi.org/10.3390/ani10020327) e ha evidenziato una criticità delle aziende bufaline: la mancata standardizzazione delle tecniche di mungitura. E' stato così possibile definire per la prima volta i parametri di mungitura più idonei per tale specie (Matera et al., https://doi.org/10.1080/1828051X.2023.2271951). L'analisi dei dati ottenuti attraverso i controlli funzionali del latte ha permesso di evidenziare l'importanza del parametro cellule somatiche del latte per definire uno stato infiammatorio della mammella ed intervenire prima che il fenomeno necessiti dell'utilizzo di antibiotici (Costa et al., https://doi.org/10.3168/jds.2019-18009).
- Innovazione di processo ottenuta mediante l'applicazione di tecniche di allevamento innovative quali lo zero grazing, che prevedono l'utilizzo di foraggi verdi sfalciati precocemente e la somministrazione direttamente in stalla agli animali. Tramite questa tecnica è stato possibile migliorare gli aspetti qualitativi e funzionali del latte e nel complesso la sostenibilità dell'azienda bufalina (Neglia et al., https://doi.org/10.1038/s41598-022-25491-w). Infatti, lo zero grazing ha consentito una maggiore asportazione di azoto dal terreno (s. ambientale), ridotto il costo razione di circa 0,90 € (s. economica) e l'impiego di un lavoratore in azienda (s. sociale). Inoltre, sono migliorate le caratteristiche funzionali del latte, in quanto è risultato incrementato il potere antiossidante del latte ed il contenuto in carnitine a catena corta e betaine. Diversi studi hanno dimostrato l'importanza dell'assunzione di tali molecole nel preservare la salute umana e ridurre il rischio di sindrome metabolica (D'Onofrio et al., https://doi.org/10.1038/s41598-020-65865-6).
- Sono stati analizzati gli spettri utilizzati in medio-infrarosso per valutare la qualità del latte bufalino, creando modelli predizionali più accurati e veritieri della composizione del latte.
Sarà effettuata un’indagine preliminare basata sui controlli funzionali effettuati nelle aziende associate ad ARAC negli ultimi 5 anni (WP1). L’analisi dei dati consentirà di valutare le caratteristiche del latte in relazione ad alcuni indicatori riproduttivi. Inoltre, attraverso azioni mirate in circa 50 aziende sarà effettuata una questionnaire survey per la registrazione delle tecniche manageriali adottate, con particolare riferimento alla mungitura. Nelle aziende partner saranno creati 2 gruppi di bufale alimentati con diete isoproteiche e isoenergetiche ma differenti per base foraggera (utilizzando foraggi verdi verso foraggi secchi). Mensilmente saranno registrate le produzioni e saranno raccolti campioni individuali di latte (30/gruppo) da sottoporre ad analisi lattodinamografica e spettroscopia MIRS e campioni di sangue per la valutazione del profilo metabolico (WP2). Inoltre campioni di latte di massa saranno prelevati a cadenza bimestrale e saranno effettuate prove di caseificazione per valutare il profilo funzionale del latte e della mozzarella nel corso della lattazione (WP3). Le informazioni ottenute nel WP1 e WP2 saranno analizzate per l’identificazione di indicatori e benchmark per il miglioramento della redditività e sostenibilità della filiera e modelli di predizione per le caratteristiche tecnologiche del latte (WP4), nonché per il miglioramento delle tecniche di mungitura. Infine, per tutta la durata del progetto sono previste misure di accompagnamento e divulgazione, al fine di rendere i risultati fruibili a tutte le aziende del comparto bufalino (WP5).
L’allevamento bufalino rappresenta una delle principali attività agricole presenti in Regione Campania: basti pensare che l’indotto della filiera si aggirerebbe intorno al 20% del PIL Campano (considerando allevamento e trasformazione), offrendo lavoro ad oltre 15.000 addetti. Del resto, come evidenziato nell’analisi di contesto della Regione Campania, è uno dei pochi settori zootecnici in costante crescita. Inoltre va considerato che gli addetti della filiera hanno per circa il 40% un’età inferiore a 40 anni, a dimostrazione del ruolo cardine svolto dalla filiera bufalina nel ridurre il fenomeno della disoccupazione giovanile. In base ai dati dell’Anagrafe Nazionale Zootecnica (BDN Teramo), al 31 Marzo 2018 sono presenti in Campania 1.273 aziende bufaline (57,0% del totale presente sul territorio nazionale) e 295.645 capi (74% del patrimonio Italiano). Il notevole sviluppo della filiera va ricercato nella valorizzazione del prodotto finale che deriva da questo allevamento: la mozzarella di bufala Campana DOP, quarto formaggio DOP Italiano per esportazione e che, in base ai dati forniti dal Consorzio di tutela, ha assicurato nel 2016 un fatturato al consumo di oltre 600 milioni di euro.
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Strategie per il miglioramento della redditività dell'allevamento bufalino
Il progetto ha l’obiettivo di implementare alcuni indicatori di redditività dell’allevamento bufalino attraverso indagini specifiche mirate al miglioramento delle caratteristiche del latte. In particolare, il progetto mira a:
- sviluppare modelli predittivi inserendo nei modelli statistici informazioni di tipo manageriale ed economico, per l'identificazione di indicatori di redditività aziendale, legati ad aspetti produttivi, benessere animale, riproduttivi e di sostenibilità;
- ridurre il numero di animali allevati, mantenendo tuttavia costante la produzione di formaggio, attraverso oculati programmi di miglioramento genetico;
- Miglioramento delle tecniche di allevamento e mungitura in particolare;
- Individuazione di nuovi metaboliti a carattere nutraceutico nel latte e nella mozzarella;
- Miglioramento del sistema di tracciabilità della filiera.
Si riportano i principali risultati ottenuti in STRABUF, tutti trasferibili ad altre imprese operanti nel settore.
- È stata effettuata una questionnaire survey che ha messo in evidenza le principali criticità e punti di forza dell'allevamento bufalino in Campania. Tale azione consentito una caratterizzazione fenotipica della bufala Mediterranea Italiana (Costa et al., https://doi.org/10.3390/ani10020327) e ha evidenziato una criticità delle aziende bufaline: la mancata standardizzazione delle tecniche di mungitura. E' stato così possibile definire per la prima volta i parametri di mungitura più idonei per tale specie (Matera et al., https://doi.org/10.1080/1828051X.2023.2271951). L'analisi dei dati ottenuti attraverso i controlli funzionali del latte ha permesso di evidenziare l'importanza del parametro cellule somatiche del latte per definire uno stato infiammatorio della mammella ed intervenire prima che il fenomeno necessiti dell'utilizzo di antibiotici (Costa et al., https://doi.org/10.3168/jds.2019-18009).
- Innovazione di processo ottenuta mediante l'applicazione di tecniche di allevamento innovative quali lo zero grazing, che prevedono l'utilizzo di foraggi verdi sfalciati precocemente e la somministrazione direttamente in stalla agli animali. Tramite questa tecnica è stato possibile migliorare gli aspetti qualitativi e funzionali del latte e nel complesso la sostenibilità dell'azienda bufalina (Neglia et al., https://doi.org/10.1038/s41598-022-25491-w). Infatti, lo zero grazing ha consentito una maggiore asportazione di azoto dal terreno (s. ambientale), ridotto il costo razione di circa 0,90 € (s. economica) e l'impiego di un lavoratore in azienda (s. sociale). Inoltre, sono migliorate le caratteristiche funzionali del latte, in quanto è risultato incrementato il potere antiossidante del latte ed il contenuto in carnitine a catena corta e betaine. Diversi studi hanno dimostrato l'importanza dell'assunzione di tali molecole nel preservare la salute umana e ridurre il rischio di sindrome metabolica (D'Onofrio et al., https://doi.org/10.1038/s41598-020-65865-6).
- Sono stati analizzati gli spettri utilizzati in medio-infrarosso per valutare la qualità del latte bufalino, creando modelli predizionali più accurati e veritieri della composizione del latte.
Sarà effettuata un’indagine preliminare basata sui controlli funzionali effettuati nelle aziende associate ad ARAC negli ultimi 5 anni (WP1). L’analisi dei dati consentirà di valutare le caratteristiche del latte in relazione ad alcuni indicatori riproduttivi. Inoltre, attraverso azioni mirate in circa 50 aziende sarà effettuata una questionnaire survey per la registrazione delle tecniche manageriali adottate, con particolare riferimento alla mungitura. Nelle aziende partner saranno creati 2 gruppi di bufale alimentati con diete isoproteiche e isoenergetiche ma differenti per base foraggera (utilizzando foraggi verdi verso foraggi secchi). Mensilmente saranno registrate le produzioni e saranno raccolti campioni individuali di latte (30/gruppo) da sottoporre ad analisi lattodinamografica e spettroscopia MIRS e campioni di sangue per la valutazione del profilo metabolico (WP2). Inoltre campioni di latte di massa saranno prelevati a cadenza bimestrale e saranno effettuate prove di caseificazione per valutare il profilo funzionale del latte e della mozzarella nel corso della lattazione (WP3). Le informazioni ottenute nel WP1 e WP2 saranno analizzate per l’identificazione di indicatori e benchmark per il miglioramento della redditività e sostenibilità della filiera e modelli di predizione per le caratteristiche tecnologiche del latte (WP4), nonché per il miglioramento delle tecniche di mungitura. Infine, per tutta la durata del progetto sono previste misure di accompagnamento e divulgazione, al fine di rendere i risultati fruibili a tutte le aziende del comparto bufalino (WP5).
L’allevamento bufalino rappresenta una delle principali attività agricole presenti in Regione Campania: basti pensare che l’indotto della filiera si aggirerebbe intorno al 20% del PIL Campano (considerando allevamento e trasformazione), offrendo lavoro ad oltre 15.000 addetti. Del resto, come evidenziato nell’analisi di contesto della Regione Campania, è uno dei pochi settori zootecnici in costante crescita. Inoltre va considerato che gli addetti della filiera hanno per circa il 40% un’età inferiore a 40 anni, a dimostrazione del ruolo cardine svolto dalla filiera bufalina nel ridurre il fenomeno della disoccupazione giovanile. In base ai dati dell’Anagrafe Nazionale Zootecnica (BDN Teramo), al 31 Marzo 2018 sono presenti in Campania 1.273 aziende bufaline (57,0% del totale presente sul territorio nazionale) e 295.645 capi (74% del patrimonio Italiano). Il notevole sviluppo della filiera va ricercato nella valorizzazione del prodotto finale che deriva da questo allevamento: la mozzarella di bufala Campana DOP, quarto formaggio DOP Italiano per esportazione e che, in base ai dati forniti dal Consorzio di tutela, ha assicurato nel 2016 un fatturato al consumo di oltre 600 milioni di euro.
Università degli Studi di Napoli Federico II - Dipartimento di Medicina Veterinaria e Produzioni Animali
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Università degli Studi di Padova - Dipartimento di Agronomia Animali Alimenti Risorse Naturali e Ambiente (DAFNAE)
Viale dell'Università 16
35020 Legnaro PD
Italia
Strategie per il miglioramento della redditività dell'allevamento bufalino
Università degli Studi di Napoli Federico II - Dipartimento di Medicina Veterinaria e Produzioni Animali
Via Federico Delpino,1
80137 Napoli NA
Italia
Strategie per il miglioramento della redditività dell'allevamento bufalino
Il progetto ha l’obiettivo di implementare alcuni indicatori di redditività dell’allevamento bufalino attraverso indagini specifiche mirate al miglioramento delle caratteristiche del latte. In particolare, il progetto mira a:
- sviluppare modelli predittivi inserendo nei modelli statistici informazioni di tipo manageriale ed economico, per l'identificazione di indicatori di redditività aziendale, legati ad aspetti produttivi, benessere animale, riproduttivi e di sostenibilità;
- ridurre il numero di animali allevati, mantenendo tuttavia costante la produzione di formaggio, attraverso oculati programmi di miglioramento genetico;
- Miglioramento delle tecniche di allevamento e mungitura in particolare;
- Individuazione di nuovi metaboliti a carattere nutraceutico nel latte e nella mozzarella;
- Miglioramento del sistema di tracciabilità della filiera.
Si riportano i principali risultati ottenuti in STRABUF, tutti trasferibili ad altre imprese operanti nel settore.
- È stata effettuata una questionnaire survey che ha messo in evidenza le principali criticità e punti di forza dell'allevamento bufalino in Campania. Tale azione consentito una caratterizzazione fenotipica della bufala Mediterranea Italiana (Costa et al., https://doi.org/10.3390/ani10020327) e ha evidenziato una criticità delle aziende bufaline: la mancata standardizzazione delle tecniche di mungitura. E' stato così possibile definire per la prima volta i parametri di mungitura più idonei per tale specie (Matera et al., https://doi.org/10.1080/1828051X.2023.2271951). L'analisi dei dati ottenuti attraverso i controlli funzionali del latte ha permesso di evidenziare l'importanza del parametro cellule somatiche del latte per definire uno stato infiammatorio della mammella ed intervenire prima che il fenomeno necessiti dell'utilizzo di antibiotici (Costa et al., https://doi.org/10.3168/jds.2019-18009).
- Innovazione di processo ottenuta mediante l'applicazione di tecniche di allevamento innovative quali lo zero grazing, che prevedono l'utilizzo di foraggi verdi sfalciati precocemente e la somministrazione direttamente in stalla agli animali. Tramite questa tecnica è stato possibile migliorare gli aspetti qualitativi e funzionali del latte e nel complesso la sostenibilità dell'azienda bufalina (Neglia et al., https://doi.org/10.1038/s41598-022-25491-w). Infatti, lo zero grazing ha consentito una maggiore asportazione di azoto dal terreno (s. ambientale), ridotto il costo razione di circa 0,90 € (s. economica) e l'impiego di un lavoratore in azienda (s. sociale). Inoltre, sono migliorate le caratteristiche funzionali del latte, in quanto è risultato incrementato il potere antiossidante del latte ed il contenuto in carnitine a catena corta e betaine. Diversi studi hanno dimostrato l'importanza dell'assunzione di tali molecole nel preservare la salute umana e ridurre il rischio di sindrome metabolica (D'Onofrio et al., https://doi.org/10.1038/s41598-020-65865-6).
- Sono stati analizzati gli spettri utilizzati in medio-infrarosso per valutare la qualità del latte bufalino, creando modelli predizionali più accurati e veritieri della composizione del latte.
Sarà effettuata un’indagine preliminare basata sui controlli funzionali effettuati nelle aziende associate ad ARAC negli ultimi 5 anni (WP1). L’analisi dei dati consentirà di valutare le caratteristiche del latte in relazione ad alcuni indicatori riproduttivi. Inoltre, attraverso azioni mirate in circa 50 aziende sarà effettuata una questionnaire survey per la registrazione delle tecniche manageriali adottate, con particolare riferimento alla mungitura. Nelle aziende partner saranno creati 2 gruppi di bufale alimentati con diete isoproteiche e isoenergetiche ma differenti per base foraggera (utilizzando foraggi verdi verso foraggi secchi). Mensilmente saranno registrate le produzioni e saranno raccolti campioni individuali di latte (30/gruppo) da sottoporre ad analisi lattodinamografica e spettroscopia MIRS e campioni di sangue per la valutazione del profilo metabolico (WP2). Inoltre campioni di latte di massa saranno prelevati a cadenza bimestrale e saranno effettuate prove di caseificazione per valutare il profilo funzionale del latte e della mozzarella nel corso della lattazione (WP3). Le informazioni ottenute nel WP1 e WP2 saranno analizzate per l’identificazione di indicatori e benchmark per il miglioramento della redditività e sostenibilità della filiera e modelli di predizione per le caratteristiche tecnologiche del latte (WP4), nonché per il miglioramento delle tecniche di mungitura. Infine, per tutta la durata del progetto sono previste misure di accompagnamento e divulgazione, al fine di rendere i risultati fruibili a tutte le aziende del comparto bufalino (WP5).
L’allevamento bufalino rappresenta una delle principali attività agricole presenti in Regione Campania: basti pensare che l’indotto della filiera si aggirerebbe intorno al 20% del PIL Campano (considerando allevamento e trasformazione), offrendo lavoro ad oltre 15.000 addetti. Del resto, come evidenziato nell’analisi di contesto della Regione Campania, è uno dei pochi settori zootecnici in costante crescita. Inoltre va considerato che gli addetti della filiera hanno per circa il 40% un’età inferiore a 40 anni, a dimostrazione del ruolo cardine svolto dalla filiera bufalina nel ridurre il fenomeno della disoccupazione giovanile. In base ai dati dell’Anagrafe Nazionale Zootecnica (BDN Teramo), al 31 Marzo 2018 sono presenti in Campania 1.273 aziende bufaline (57,0% del totale presente sul territorio nazionale) e 295.645 capi (74% del patrimonio Italiano). Il notevole sviluppo della filiera va ricercato nella valorizzazione del prodotto finale che deriva da questo allevamento: la mozzarella di bufala Campana DOP, quarto formaggio DOP Italiano per esportazione e che, in base ai dati forniti dal Consorzio di tutela, ha assicurato nel 2016 un fatturato al consumo di oltre 600 milioni di euro.
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