Sottoprodotti della lavorazione industriale dei vegetali: da scarti ad ingredienti funzionali per la formulazione di alimenti innovativi
Migliorare la sostenibilità ambientale dei processi di lavorazione degli ortaggi attraverso la conversione dei residui, considerati scarti, in ingredienti alimentari, ad elevato valore aggiunto, da utilizzare nella formulazione di alimenti funzionali innovativi e di largo consumo. Verrà messo a punto una nuova fase di processo, che implementerà le attuali linee di trasformazione degli ortaggi e che permetterà la lavorazione del sottoprodotto direttamente in stabilimento, eliminando così i costi legati al conferimento dei sottoprodotti a terzi. Quindi da problema, sia di ordine economico che ambientale, i sottoprodotti diventeranno opportunità per innovazione di prodotto e di processo nell’azienda.
Il progetto si propone di integrare il processo di lavorazione industriale dei vegetali, con una innovativa fase, atta a convertire i sottoprodotti (scarti) in ingredienti funzionali (farine bioattive), ad elevato valore aggiunto. In particolare, si andrà ad operare nella fase finale di lavorazione recuperando i residui dalle linee produttive dei principali ortaggi trattati.
Questo permetterà di innovare il processo nelle aziende di lavorazione/trasformazione vegetali, ma anche di immettere nel mercato nuovi prodotti provenienti da un sistema produttivo sostenibile (innovazione di prodotto). Le farine bioattive che si intende produrre non sono presenti attualmente nel mercato sia regionale e che nazionale. Il modello proposto nel progetto è perfettamente esportabile ad altre realtà simili alle aziende partner che, come loro, si trovano a dover risolvere il problema della gestione dei residui.
In aggiunta, l’impiego di tali farine nello sviluppo industriale di prodotti da forno con proprietà nutrizionali uniche, che si inseriranno a pieno nel mercato in crescita degli alimenti funzionali, contribuirà a stimolare la diversificazione nella produzione e all’integrazione dei redditi delle aziende di lavorazione dei prodotti da forno, largamente presenti nelle Marche.
Similmente, l’impiego delle farine nello sviluppo formulazioni innovative, quali snack estrusi senza glutine, contribuirà a soddisfare la crescente richiesta di diversificazione di prodotti funzionali destinati alla fascia di consumatori affetti da celiachia.
La divulgazione dei risultati ai potenziali stakeholder del settore agro-alimentare avrà notevole impatto nella presa di coscienza delle possibili innovazioni di processo e dei loro effetti economico –ambientali – salutistici.
La Regione Marche è particolarmente vocata all’orticoltura con quasi 8.000 ha di colture ortive (fonte dati: ISTAT 2021) in pieno campo. Tra queste, il pisello è quella più rappresentativa con oltre 4.000 ha di superficie coltivata. Nella regione la filiera orticola si completa con la presenza di impianti di trasformazione specializzati. L’azienda capofila del progetto, con oltre 600 soci produttori, sia regionali che extra-regione, dispone di una SAU di oltre 30.000 ettari e, ogni anno, coltiva e trasforma quasi 50.000 tonnellate di prodotto. Oltre ai due poli produttivi dei partner di progetto, è presente in regione un altro stabilimento di trasformazione e, nel complesso, la regione Marche rappresenta il principale produttore di pisello nel mercato nazionale.
Un’importante problematica di queste aziende di trasformazione è legata alla gestione dell’ingente quantità di residui (scarti) che si generano durante la lavorazione. Tra questi scarti, troviamo anche quelli costituiti di parti del prodotto o prodotti integri (sottoprodotti) che sono perfettamente commestibili e, oltretutto, ricchi di sostanze biologicamente attive, che possono contribuire ad aumentare lo stato di benessere dell’organismo. Attualmente, questi sottoprodotti vengono conferiti ad aziende esterne che li impiegano o per alimentazione animale oppure per processi di digestione anaerobica. Comunque, questi impieghi comportano costi di trasporto, spesso su gomma, che sono molto onerosi per l’industria. Il prodotto, oltretutto, ha un elevato contenuto di acqua che costituisce un elemento critico anche per l’impresa (sia mangimistica che bioenergetica) che lo riceve.
Nasce quindi l’esigenza di studiare un’ulteriore soluzione di impiego di questi residui.
L’idea progettuale sta nell’inserire una nuova fase di processo, nelle attuali linee di lavorazione degli impianti di trasformazione, che permetta di convertire il sottoprodotto “ancora buono” in un prodotto ad elevato valore aggiunto. In questo modo il residuo industriale verrà lavorato all’interno della stessa azienda e da problema di ordine economico e ambientale diventerà veicolo di concreta opportunità per aumentare la sostenibilità dei processi aziendali (innovazione di processo) e per diversificare la produzione aziendale (innovazione di prodotto).
L’innovazione che si intende introdurre consiste nel dar nuova vita ai residui industriali di lavorazione dei vegetali, ad oggi considerati scarti e reimpiegati parzialmente in ambito agroenergetico o zootecnico.
Questi sottoprodotti verranno trasformati in ingredienti funzionali (farine bioattive), ad elevato valore aggiunto, da utilizzare nella preparazione di alimenti funzionali di largo consumo e facilmente integrabili in una dieta equilibrata.
Grazie alla presenza nel partenariato dei due poli universitari (Ancona e Udine), i prodotti funzionali ottenuti, saranno approfonditamente caratterizzati e verranno così fornite tutte le linee guida per utilizzare questi ingredienti nell’arricchimento di snack estrusi e prodotti da forno. Ciò costituisce una innovazione per le aziende del settore. Ad oggi sono presenti sul mercato prodotti formulati (pasta, snack, prodotti da forno) con l’utilizzo di farine vegetali alternative, derivanti dai legumi, dal riso, ma non sono presenti alimenti dove si utilizzano farine bioattive ottenute dai sottoprodotti di lavorazione dei vegetali in un’ottica di economia circolare. Inoltre, il progetto contempla anche la possibilità di ottenere farine bioattive biologiche, quando i prodotti in entrata nell’impianto derivano tutti da agricoltura biologica.
Grazie al lavoro sinergico dei partner scientifici e di quelli “produttivi” del GO, si otterranno prodotti innovativi, frutto di un sistema produttivo circolare, idonei al mercato e rispondenti alle esigenze di industrie alimentari e dei consumatori finali.