La catena del valore è uno strumento analitico che consente di quantificare la suddivisione del valore dei beni prodotti e acquistati dai consumatori finali, tra coloro che, direttamente ed indirettamente, entrano a far parte del processo produttivo e distributivo. Il valore che viene attribuito dal consumatore finale ai beni e servizi agricoli e alimentari, che corrisponde alla spesa che il consumatore è disposto a sostenere, si accresce nelle diverse fasi della filiera, in considerazione del contributo apportato da coloro che partecipano alla produzione, trasformazione e messa a disposizione dei beni. Se il sistema di creazione del valore è caratterizzato da un eccessivo numero di operatori che intervengono lungo la filiera, da asimmetrie dovute al diverso potere contrattuale degli attori coinvolti e da una generale bassa competitività, si generano inefficienze che vanno a detrimento del consumatore finale e che penalizzano gli anelli più deboli della catena.
Le elaborazioni della catena del valore dei prodotti agricoli e alimentari da parte dell’Ismea, basate su una metodologia originale fondata sull’uso delle tavole intersettoriali dell’economia italiana, hanno dimostrato che nell’arco di un decennio vi è stata una progressiva compressione della redditività dei produttori agricoli e dell’industria alimentare a vantaggio degli operatori a valle (commercio) e a monte (come i fornitori di mezzi tecnici e di servizi bancari e assicurativi)1. La presenza di vincoli strutturali, di inefficienze del sistema logistico e gli accresciuti costi energetici che si trasmettono sui costi di trasporto, hanno determinato la lievitazione dei costi di distribuzione. Tuttavia, la catena rispecchia anche la frammentazione della filiera e lo scarso potere di mercato dei produttori, soprattutto degli agricoltori, che registrano una crescente difficoltà a mantenere valore aggiunto, sia in termini assoluti, che in termini relativi, rispetto al valore del prodotto finale acquistato dal consumatore.
Nel caso della filiera olivicola-olearia, l’elaborazione della catena del valore parte della descrizione dettagliata dei flussi di prodotto e degli attori coinvolti nelle varie fasi del processo di produzione e distribuzione. La messa a sistema di tutti i dati, disponibili da fonti ufficiali o stimati, ha consentito la ricostruzione dei volumi e dei prezzi medi nelle diverse fasi di scambio, fino al consumo finale. Altre informazioni fondamentali per la ricostruzione della catena del valore sono quelle relative alla composizione e al livello dei costi intermedi e del valore aggiunto. Per il settore olivicolo, la quantificazione dei costi di produzione è stata realizzata attraverso l’elaborazione dei dati provenienti da un’indagine diretta condotta dall’Ismea. Inoltre, per quanto riguarda le vendite dell’olio confezionato al canale della GDO, sono stati utilizzati i risultati dell’indagine diretta presso un campione di imprese di trasformazione alimentare svolta dall’Ismea insieme all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nell’ambito dell’Indagine conoscitiva sul settore agroalimentare (IC43).
Il lavoro che ne è scaturito e che viene descritto nel presente documento è stato presentato nel mese di marzo 2014 in una riunione tecnica con i rappresentanti della filiera olivicola-olearia per ottenere valutazioni sui dati e suggerimenti per la prosecuzione del lavoro. L’obiettivo infatti è quello di arricchire e aggiornare le elaborazioni con approfondimenti su specifici aspetti e fasi della filiera e con ipotesi diverse sulle modalità organizzative del settore.
Attraverso il diagramma dei flussi sono descritte le seguenti fasi del processo: produzione delle olive e vendita da parte degli olivicoltori ai frantoi, molitura delle olive e cessione dell’olio ai confezionatori o alle raffinerie, miscelazione dell’olio raffinato con una percentuale di olio vergine o extra, confezionamento dell’olio e vendita dello stesso attraverso la distribuzione tradizionale, la distribuzione moderna, la vendita diretta da parte dei frantoiani o aziende agricole e attraverso il canale HO.RE.CA, il tutto con la specificazione che la filiera è caratterizzata anche dalla presenza di imprese integrate a diversi livelli.
Inoltre, l’analisi è stata effettuata individuando i flussi economici, che, a partire dalla materia prima rappresentata dalle olive, conducono alla formazione di tre tipologie di prodotto finale: olio extravergine/vergine, olio d’oliva e olio di sansa di oliva. Per i tre flussi principali sono quindi descritti i volumi di produzione e di scambio e la formazione dei prezzi lungo la filiera attraverso i dati riferiti al 2011. Il capitolo 3 è dedicato alla descrizione della metodologia adottata per la valutazione dei costi di produzione nella fase agricola, utilizzati per l’elaborazione della catena del valore. Nella stima dei costi, dove emerge l’incidenza significativa dei costi del lavoro, è stato possibile esplicitare anche il costo implicito della manodopera familiare. Dalle stime risulta che quasi la metà dei ricavi della vendita delle olive è assorbita dai costi della manodopera salariata e familiare e che, se non si includessero nei ricavi i contributi PAC, il reddito operativo assumerebbe valore negativo.
La metodologia, mettendo a sistema, in uno schema Risorse/Impieghi, tutti i dati provenienti da diverse fonti, è in grado di evidenziare le carenze informative ed eventuali incoerenze statistiche. Da questo punto di vista, man mano che si rendano disponibili nuovi e migliori dati, l’elaborazione può essere aggiornata e resa sempre più accurata.
La catena del valore è stata quindi calcolata considerando l’olio extravergine e vergine di oliva confezionato acquistato dalle famiglie italiane. Dall’elaborazione risulta che per ogni euro speso dalle famiglie, 14 centesimi restano al settore della distribuzione finale per la remunerazione del lavoro e del capitale, quasi 20 centesimi vanno al settore olivicolo, mentre circa 3 centesimi sono assorbiti nel complesso nelle fasi di frangitura, confezionamento e commercio all’ingrosso. Inoltre, ben 25 centesimi finiscono all’estero per coprire il fabbisogno di olio vergine ed extravergine sfuso importato e poi confezionato in Italia. Inoltre, sono considerati tutti gli altri settori che sono coinvolti in maniera indiretta nel processo, come fornitori di beni e servizi (energia elettrica, prodotti chimici, servizi finanziari, ecc.): i settori nazionali assorbono complessivamente 22 centesimi, mentre gli input esteri incidono per altri 12 centesimi.
La metodologia consente inoltre di scomporre ulteriormente il valore aggiunto del settore primario. Infatti, dei 20 centesimi destinati al settore agricolo, quasi 9 centesimi sono assorbiti dai salari dei lavoratori dipendenti e altri 7 centesimi dagli ammortamenti. Come reddito operativo (al lordo delle imposte), all’imprenditore resterebbero quindi 3,5 centesimi che, tuttavia, non sono sufficienti a remunerare al salario di mercato il lavoro proprio e dei familiari. Infatti, qualora il lavoro familiare fosse considerato esplicitamente insieme ai salari il risultato operativo sarebbe negativo (-0,074 €). Non sono infatti conteggiati i contributi pubblici all’olivicoltura, in quanto la metodologia vuole esplicitare la scomposizione del valore di mercato di un prodotto finale, in questo caso l’olio extravergine/vergine, evidenziando come quel valore, per effetto delle sole dinamiche di mercato, si distribuisca tra i settori economici che partecipano al processo dalla materia prima alla vendita sul mercato finale.
In definitiva, l’elaborazione della catena fa emergere come il valore finale del prodotto sia maggiormente allocato ai settori che si trovano all’inizio e alla fine della filiera, e cioè al settore della distribuzione al dettaglio e al settore agricolo; tuttavia, nella fase primaria il valore è completamente assorbito dall’elevato fabbisogno di manodopera che, se correttamente valutata (comprendendo cioè la manodopera familiare), non consente la determinazione di un reddito d’impresa, in assenza di contributi pubblici. Inoltre, va sottolineato il peso elevato assunto complessivamente dalle componenti di costo in tutte le fasi (mezzi tecnici e servizi forniti da imprese nazionali, caratterizzate da un potere di mercato elevato) ed è evidente la forte dipendenza dall’estero dell’intera filiera, sia a causa del fabbisogno di olio sfuso importato, sia per la strutturale dipendenza del sistema economico nazionale da materie prime.