Negli ultimi anni, il settore olivicolo oleario soffre molto a causa dei costi di produzione particolarmente elevati rispetto ai principali paesi produttori e competitor dell’Italia e questo sia nella fase agricola sia nella prima trasformazione.
L’analisi dei costi nelle diverse fasi produttive, e più nello specifico dei frantoi, è un elemento chiave della formazione della catena del valore del settore individuata dal Piano olivicolo nazionale come informazione di particolare rilevanza nello studio del settore olivicolo-oleario italiano.
All’interno della filiera produttiva, infatti, il ruolo dei frantoi è sempre più centrale, non solo in termini tecnici (in quanto materialmente si trasformano le olive in olio), ma anche in termini di qualità del prodotto, perché è la loro capacità di frangere in tempi brevi che assicura livelli qualitativi superiori. Inoltre, dal punto di vista strutturale la fase di prima trasformazione, come quella della coltivazione, è caratterizzata da forte frammentazione, con un elevato numero di frantoi piccoli e questo fa ipotizzare che il settore sia caratterizzato da costi elevati perché non si realizzano economie di scala. Da considerare che la realtà dei frantoi italiani è piuttosto articolata e variegata. Il numero complessivo di frantoi attivi in Italia e di circa 4.700, ma che si riduce in annate con produzioni problematiche.
Pertanto Ismea, con l’obiettivo di effettuare un’indagine dettagliata dei costi sostenuti dai frantoiani, ha predisposto un questionario che è stato sottoposto a un campione ragionato costituito da 68 frantoi localizzati nelle più importanti regioni olivicole italiane, considerando comunque tutte le regioni del Centro-Sud.
L’indagine è stata progettata nell’ottica di individuare nel dettaglio i costi di produzione, rilevando le quantità impiegate e i prezzi di ciascun fattore produttivo, arrivando a calcolare separatamente tutti i costi: quelli relativi alla fase di molitura delle olive ed estrazione dell’olio, quelli riguardanti la fase dello stoccaggio e quelli del confezionamento. La rilevazione, inoltre, aveva lo scopo di predisporre un vero e proprio conto economico aziendale, secondo un approccio di bilancio di tipo civilistico.
Con riferimento alla quantità di olive molite da ciascun frantoio, è stato possibile suddividere le aziende oggetto d’indagine in quattro gruppi sulla base delle quantità di olive molite, allo scopo di evidenziare le eventuali differenze in termini di costi all’aumentare delle dimensioni. Per questi gruppi di aziende sono stati analizzati i costi variabili (consumo idrico, consumo energetico e materiali di consumo), gli ammortamenti, i costi della manodopera salariata e di quella familiare (quest’ultima stimata applicando il costo medio sostenuto per la manodopera salariata).
Per quanto riguarda le caratteristiche del campione, la forma giuridica prevalente nell’universo dei frantoi italiano è l’impresa individuale. I frantoi condotti con questa forma giuridica rappresentano il 32% del totale campione, seguono le forme societarie, tra le quali prevale la società cooperativa con il 24%.
Il 28% dei frantoi coltiva una superficie olivicola e molisce le olive provenienti dalla stessa, il 21% lavora olive appartenenti ai soci del frantoio stesso (frantoio cooperativo) e l’82% molisce olive appartenenti a terzi.
Dando uno sguardo alle caratteristiche tecniche, la maggior parte dei frantoi intervistati utilizza un sistema di estrazione a ciclo continuo, un impianto nel quale tutte le operazioni di estrazione dell’olio avvengono automaticamente e in successione. I frangitori più utilizzati sono quelli metallici (a martelli, a dischi, a coltelli) che permettono di abbattere i tempi di produzione. Solo il 12% utilizza il sistema tradizionale a molazze che, se da un lato risulta lento e richiede una maggiore quantità di manodopera, dall’altro presenta diversi vantaggi dal punto di vista qualitativo. Il sistema di estrazione maggiormente utilizzato, è quello per centrifugazione, e per questa tipologia il 53% utilizza un sistema a due fasi e/o a due fasi e mezzo. Con questi impianti non viene prodotta acqua di vegetazione che si traduce in un mancato costo di smaltimento della stessa e inoltre, si ottiene un olio di maggiore qualità dato dalla maggiore presenza di polifenoli. L’88% dei frantoi possiede una zona per stoccare l’olio prodotto, mentre il 12% non stocca l’olio ed effettua soltanto una molitura conto terzi. Inoltre il 73% dei frantoi possiede un impianto di confezionamento.
Di tutta la quantità di olio ottenuta in seguito alla molitura delle olive, la quota che i frantoiani hanno stoccato all’interno dei propri stabilimenti ammonta al 60%, la restante parte è stata ritirata dai committenti lo stesso giorno della molitura. In particolare, la maggiore quantità di olio stoccata è rappresentata dall’extravergine convenzionale (71%) seguita dal lampante con il 10,4%. La restante parte viene divista sostanzialmente tra il Dop/Igp e il Bio.
Esaminando i flussi in uscita si evidenzia come l’80% circa dell’olio stoccato è stato venduto sfuso, dato fortemente influenzato dalle più importanti regioni del sud (Puglia, Calabria e Sicilia) che destinano al confezionamento pochissime quantità di prodotto. L’olio sfuso viene venduto prevalentemente a confezionatori del Centro-Nord. L’olio confezionato dai frantoiani viene commercializzato prevalentemente attraverso la vendita diretta in azienda e solo una piccola quota viene commercializzata attraverso la GDO.
La sansa ottenuta dalla lavorazione viene venduta maggiormente ai sansifici per la produzione di olio di sansa. L’11% viene venduta all’industria per la produzione di biogas e il 13% viene utilizzata per la produzione di nocciolino. Quest’ultimo viene venduto come succedaneo del legno in pellet per bruciatori e stufe o utilizzato in azienda come combustibile.
Analizzando i costi di processo delle singole fasi, è emerso un costo medio del campione totale per la molitura delle olive e per l’estrazione dell’olio pari a 7,69 euro per quintale di olive lavorate. La voce di spesa che incide più di tutte nella formazione di questo costo è rappresentata dagli ammortamenti con il 43%, seguita dalla manodopera con il 29% e dal consumo energetico con il 15%.
Il costo relativo allo stoccaggio dell’olio si attesta a 14,91 euro per quintale di olio stoccato. Anche in questa fase la voce di costo che incide di più è rappresentata dagli ammortamenti con il 58%, seguiti dalla manodopera con il 31%.
Dall’elaborazione dei dati è emerso un costo medio per il confezionamento dell’olio pari a 68,91 euro per quintale di olio confezionato. Questo costo è stato calcolato sulla quantità di olio che le aziende oggetto d’indagine hanno effettivamente confezionato. Dalla scomposizione del costo sostenuto per il confezionamento emerge che il consumo dei materiali utili all’imbottigliamento (lattine, bottiglie, tappi, etichette, ecc.), incide in maniera preponderante rispetto alle altre voci. Questo costo, infatti, rappresenta il 46% del totale, seguito dal costo della manodopera con il 25% e dagli ammortamenti con il 22%.
L’incidenza percentuale elevata degli ammortamenti sul totale dei costi di processo, mostra come, in media, i frantoi sembrerebbe che risultino sovradimensionati rispetto alle quantità effettivamente lavorate. Questo fenomeno può essere spiegato dal fatto che, molto probabilmente, gli impianti sono stati progettati in un periodo nel quale le produzioni delle aziende olivicole erano nettamente superiori rispetto a quelle odierne, e che, con il passare degli anni, in concomitanza di una diminuzione degli aiuti Pac si è assistito ad un progressivo abbandono e/o non curanza degli oliveti che si è tradotto in un abbassamento delle produzioni.
Dall’analisi effettuata sulle diverse tipologie aziendali è emerso che per tutte le fasi (molitura, stoccaggio e confezionamento), all’aumentare della dimensione aziendale, espressa in base alla quantità di olive molite, si assiste ad una diminuzione dei costi di processo di ogni singola fase. Sui costi di processo si verificano le cosiddette economie di scala dalla quale si evince che tanto maggiore è la produzione tanto minore è la quantità di input necessaria per produrre una determinata quantità di prodotto e quindi tanto minori sono i costi unitari di produzione.
In particolare, il costo di molitura delle aziende varia da 11,85 euro al quintale per le aziende che moliscono una quantità compresa tra 1.000 e 5.000 quintali, a 4,30 euro al quintale in quelle più grandi, che moliscono più di 15.000 quintali.
Nella fase di stoccaggio il costo sostenuto dalle aziende più piccole (quelle cioè che moliscono da 1.000 a 5.000 quintali) è pari a 26 euro al quintale, mentre in quelle più grandi (che moliscono più di 15.000 quintali) questo valore si abbassa a 4 euro al quintale.
Per la fase di confezionamento, è emerso che, tra le diverse tipologie aziendali, non esiste una sostanziale differenza tra il costo sostenuto da ciascuna di esse né tra le varie voci che concorrono alla formazione dello stesso. Il costo varia da 70,50 euro al quintale delle aziende più piccole (classe di molitura 1.000-5.000 quintali) a 67,59 euro al quintale di quelle che moliscono una quantità di olive superiore a 15.000 quintali. La differenza di costo così minima tra le diverse tipologie aziendali viene spiegata dal fatto che le aziende più grandi vendono prevalentemente olio sfuso (quelle che rientrano nella tipologia 10.000-15.000 quintali e quelle che moliscono più di 15.000 quintali vendono sfuso rispettivamente il 67% e il 91% dell’olio stoccato) e confezionano poco rispetto alle loro potenzialità. Alla luce di quanto detto, quindi, se queste tipologie aziendali confezionassero quantità maggiori di olio, il costo unitario si abbasserebbe notevolmente.
Infine, allo scopo di valutare il livello di redditività delle diverse tipologie aziendali è stato effettuato un vero e proprio conto economico su ciascuna di esse. Premettendo che la diversità delle caratteristiche delle quattro tipologie aziendali non permetterebbe di effettuare un confronto tra aziende omogenee, l’analisi risulta comunque utile allo scopo di evidenziare le differenze esistenti tra le voci che concorrono alla formazione del reddito di ciascuna di esse. Da tale confronto è emerso che, sebbene i costi di processo unitari delle singole fasi di molitura, stoccaggio e confezionamento diminuiscano all’aumentare della dimensione aziendale, quando si effettua il calcolo del conto economico l’incidenza del valore aggiunto sul fatturato diminuisce all’aumentare della dimensione aziendale. Quanto detto è condizionato dalla spesa sostenuta per l’acquisto di materie prime (olive e olio), non considerata per il calcolo dei costi di processo, che ha un peso elevato rispetto al totale dei costi e la cui incidenza aumenta all’aumentare della dimensione aziendale, Tutto questo, associato al fatto che le aziende più grandi, localizzate prevalentemente in Puglia, acquistano la materia prima a prezzi relativamente alti rispetto alle quantità comprate e vendono l’olio prevalentemente sfuso a intermediari o confezionatori di altre regioni a prezzi relativamente bassi fa sì che ci sia una diminuzione dei margini di guadagno all’aumentare della dimensione aziendale.