L’evoluzione delle filiere biologiche in Campania alla luce delle nuove politiche agroambientali
L'indagine svolta ha fotografato il settore biologico campano in un momento di transizione tra la fine dell'intervento comunitario guidato dal Reg. 2078/92 e l'inizio della programmazione 2000/2006 (PSR). Al termine del primo intervento comunitario il comparto bio si presentava profondamente diverso rispetto a cinque anni prima, passando da circa 1.500 ha a poco più di 20.000 ha. La stessa evoluzione è stata rilevata sia per le aziende di produzione che per quelle di trasformazione. Infine, sul lato della distribuzione e del consumo, abbiamo osservato una presenza di prodotti ottenuti con metodi biologici molto più ampia sia nella distribuzione moderna che in quella tradizionale. Tale diffusione oltre ad aver traghettato la domanda bio fuori dalla nicchia che caratterizzava i consumi alla metà degli anni 90, ha trasformato il profilo medio del consumatore che oggi non è più legato a questi prodotti da motivazioni di natura filosofica, ma è guidato da ricerca di prodotti a maggiore sicurezza e minore impatto ambientale, con una peso maggiore della prima componente. L'organizzazione delle filiere produttive rimane però, dopo cinque anni di intervento, ancora focalizzata su produzioni a basso reddito e poco intensive quali cereali, frutta in guscio, olivo, con una presenza marginale dei settori più dinamici quali l'ortofrutta. In questo senso la crescita delle filiere è frutto di una griglia degli aiuti che ha favorito la componente ambientale del biologico e non quella maggiormente orientata al mercato.
Ente | Contributo (€) | % |
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Assessorato regionale
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€80.383,80
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70,00%
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Gianni Cicia