COLTIVAZIONE PROTETTA DEL KIWI
La batteriosi dell'actinidia si è manifestata per la prima volta in Piemonte nel 2010 e si è diffusa rapidamente e con particolare virulenza in tutte le zone frutticole. Inizialmente confinata a varietà a polpa gialla (Actinidia chinensis), la malattia è ora diffusa anche in Actinidia deliciosa, nelle varietà maggiormente affermate commercialmente, confermandosi come la più pericolosa delle avversità biotiche dell'actinidia.
Dopo l'esplosione della patologia, sono state escogitate alcune modalità per combattere, o almeno arginare, l'infezione; tuttavia, nessuna delle soluzioni proposte si è mostrata totalmente risolutiva. I tentativi di difesa tramite i mezzi tradizionali (battericidi, prodotti rameici, induttori di resistenza, antagonisti naturali, ecc...) non hanno portato a risultati pienamente soddisfacenti.
Da queste considerazioni nasce l'idea di provare a sconfiggere la batteriosi coltivando il kiwi in ambiente protetto, utilizzando coperture di plastica come difesa diretta contro la diffusione dell'agente patogeno Psa-V.
In ambiente coperto si controllano le condizioni ambientali che normalmente favorirebbero Io sviluppo e l'attività del patogeno, essendo il vento, la pioggia e il gelo le principali cause della diffusione nei frutteti.
L'obiettivo della sperimentazione è stato quello di valutare, oltre all'influenza delle coperture sulla diffusione del batterio, l'impatto sul microclima del frutteto e sulla qualità delle produzioni.
Le coperture utilizzate in questo progetto innovativo sono dei tunnel in polietilene, progettate per creare un ambiente sfavorevole alla diffusione del batterio, privandolo delle condizioni di umidità in cui prospera e favorendo contemporaneamente la reazione delle piante. Nello specifico si tratta di tunnel aperti, alti 2-3 metri sopra la chioma, che coprono l'intero filare. Le strutture sono state realizzate con un'intelaiatura in tubo zincato e, in aggiunta, sono state utilizzate delle centine montate su gambe laterali. L'altezza della struttura nel punto di colmo raggiunge i 4,2 m, mentre la larghezza di ogni campata è di 4,5 m. Le centine sono state poste alla distanza di 1,4 m, considerando i dati climatici storici per quanto riguarda vento e precipitazioni a carattere nevoso. Il numero di centine utilizzato è stato di 1.300/ ha e per la copertura è stato utilizzato il telo Gealite a microbolle.
Nel corso della sperimentazione, sono stati effettuati:
- rilievi agrometeorologici, monitorando le temperature e la luce incidente sia sotto copertura, sia su un testimone non coperto;
- rilievi vegetativi, epoca di germogliamento, fioritura, allegagione (epoca e percentuale di frutti allegati), maturazione e raccolta. L'epoca di raccolta è stata individuata mediante analisi qualitative preliminari su campioni rappresentativi di frutti provenienti da entrambe le tesi con riferimento anche al colore;
- rilievi patologici: sotto copertura e nella parte non coperta (testimone) sono state individuate quattro aree di campionamento di sei piante ciascuna sulle quali sono stati effettuati i rilievi (numero piante sopravvissute, numero piante riallevate, numero piante morte);
- rilievi qualitativi alla raccolta. Campioni di frutti delle due tesi considerate (copertura e testimone), provenienti dalle due aziende oggetto della sperimentazione sono stati valutati attraverso analisi qualitative di routine (residuo secco rifrattometrico, acidità titolabi- le, pH, contenuto di sostanza secca e consistenza della polpa). È stato inoltre valutato il contenuto in vitamina C e il colore della polpa. Sempre alla raccolta sono stati preparati campioni di frutti da valutare durante il periodo di conservazione post-raccolta che è durato 75 giorni in atmosfera normale (0°C, 95% di umidità relativa). Ogni 15 giorni è stata rilevata la perdita di peso dei frutti e sono state effettuate le analisi qualitative di routine come alla raccolta.
I rilievi sul ciclo vegeto-produttivo (crescita, germogliamento e fioritura) sia in relazione alla maturazione che alla conservazione dei frutti, non hanno mostrato significative differenze tra le piante protette e il testimone.
I rilievi effettuati sulla patologia hanno mostrato una diminuzione significativa della popolazione del batterio nelle piante sotto copertura. Probabilmente questo dato è legato alla riduzione della bagnatura fogliare che la copertura comporta. In molti casi la percentuale di piante, con presenza evidente di essudati, era scesa fino a un quinto di piante colpite. Nei rilievi effettuati sulle foglie nel periodo maggio-settembre non si sono evidenziate maculature del batterio.
Per quanto concerne il colore, parametro di primaria importanza per questa tipologia di frutto, si è evidenziata una migliore colorazione per quelli sotto copertura rispetto ai frutti testimone, che tuttavia hanno raggiunto una colorazione sufficiente per la commercializzazione.
La conservazione dei campioni di kiwi è avvenuta in atmosfera normale a 0°C per 75 giorni e le analisi sono state svolte ogni 15 giorni su un campione rappresentativo di frutti. Durante la conservazione, i campioni di kiwi della tesi coperta hanno evidenziato mediamente un minore calo in peso, con valori medi del 4,8 contro il 6,4% del testimone. Invece per i campioni in osservazione, la consistenza della polpa diminuisce con valori mediamente più bassi nei frutti coperti. Analogamente si evidenzia un aumento nel contenuto zuccherino dei frutti: il residuo secco rifrattometrico aumenta durante la conservazione frigorifera con valori leggermente più alti nei campioni coperti.
Il sistema di copertura valutato ha fornito risultati positivi relativamente alla qualità delle produzioni. La ridotta illuminazione non ha avuto ripercussioni rilevanti sulle caratteristiche organolettiche che si sono mantenute su livelli analoghi o superiori nei frutti coperti rispetto al kiwi di controllo. A ciò si può aggiungere che le protezioni difendono dalle basse temperature e potenzialmente favoriscono l'anticipo di maturazione.
Per quanto concerne invece la batteriosi, i tunnel confermano un effetto di contenimento verso il batterio.
È evidente, tuttavia, che i limiti del sistema consistono prevalentemente nell'elevato costo iniziale dell'impianto.
È ipotizzabile che, contando su strutture più snelle e operativamente meno onerose, possano essere messi in atto sistemi più economici, analogamente a quanto già successo per le reti antigrandine.
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